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Frau Merkel, arriva Italia

25 Settembre 2017 957 views No CommentStampa questo articolo Stampa questo articolo

Si sprecano oggi i rilievi sul risultato delle elezioni tedesche che ne sintetizzano l’andamento in questi dati inoppugnabili: il calo cospicuo di consensi alla Cdu-Csu di Angela Merkel, la netta sconfitta della Spd, l’ingresso nel Bundestag del partito di destra con un risultato superiore alle previsioni, il successo dei liberali, la tenuta dei verdi e della Linke. Ne esce un quadro di più difficile governabilità, in particolare per la dichiarata indisponibilità dei socialdemocratici, che flettono a poco più del venti per cento, di ripetere l’esperienza della grosse koalition. Più probabile che si delinei una nuova alleanza tra Cdu-Csu, liberali e verdi. Una soluzione però si troverà e la Germania, come la Francia, la Spagna e il Regno unito, avrà un governo democratico.

Dal risultato elettorale emergono tuttavia alcuni elementi che sono ormai comuni a molti, se non tutti, i paesi europei. Il primo é quello che porta a una sconfitta dei partiti di governo, anche indipendentemente dai risultati ottenuti. Questo si é verificato, con effetti clamorosi, in Francia, ma anche in Spagna e nel Regno unito, con Rajoy e la May usciti fortemente indeboliti dalle urne, mentre il risultato del referendum e delle amministrative parziali in Italia annuncia un dato elettorale non dissimile nelle elezioni di primavera, con una possibile aggravante, perché l’indebolimento del governo prodottasi in Spagna, Regno Unito e Germania, potrebbe qui tradursi in possibile sconfitta. Si tratta di un evidente malessere germogliato in tutto il continente e che produce un voto di sfiducia in chi governa senza necessariamente esprimere una chiara alternativa politica. Tranne in Francia, dove un nuovo movimento ha avuto la capacità di interpretare un’istanza di cambiamento e di incanalarla in una moderna proposta riformista, peraltro oggi ovattata dal pericolo di una veloce consunzione, negli altri paesi, compresa la Germania, il voto premia movimenti generalmente anti europeisti e nazionalisti, in qualche caso anche di destra semi razzista.

Le questioni della migrazione, attenzione su questo, che toccano soprattutto i ceti più popolari, unite agli svantaggi reali o presunti della integrazione europea e gli effetti di entrambi sulla situazione della vita dei cittadini, paiono essere ovunque quelle dirimenti. In pochi, penso ancora alla preveggenza del nostro Craxi, avevano intuito questo grave rischio a fronte delle infatuazioni uliviste e liberiste nel mito di un’Europa paradisiaca e dell’indifferenza ai drammi di un Africa senza futuro. Se gli effetti di queste sottovalutazioni hanno avuto una forte incidenza nel voto tedesco, in un Paese che continua a registrare un tasso di sviluppo doppio rispetto a quello italiano, con una disoccupazione generale e giovanile che é la metà della nostra, sarebbe miopia politica non considerarli argomenti di forte impatto anche da noi, capaci di determinare una corposa tendenza elettorale. Non é un caso che tutti i sondaggi italiani continuino a fotografare due dati: l’avanzata del centro-destra e una possibile maggioranza numerica di stampo populista tra Cinque stelle e Lega. Stiamo parlando di maggioranza, non del 13 per cento ottenuto in Germania. Un dato clamoroso e inquietante, almeno per chi continua ad essere democratico, riformista ed europeista.

E’ tardi oggi per invertire questa tendenza e forse non basteranno nemmeno i buoni risultati ottenuti dal governo Gentiloni in materia di economia e del ministro Minniti sulla migrazione. Né il proposito apprezzabile manifestato a Imola da Renzi di concepire il Pd come unico argine e reale alternativa a Salvini e Grillo (Di Maio). Soffia un’aria forte che non si ferma con le mani. Quel che bisogna tentare di fare oggi é muoversi con disposizioni concrete sui due grandi temi citati, costruire una legge elettorale che non faccia il gioco dei populisti (ma Renzi l’ha capito?), liberare tutte le forze politiche non populiste da ipoteche per il futuro, assecondare nel centro-sinistra un’ampia alleanza riformista capace di non disperdere energie e voti. Questo si può e si deve fare. Se poi alla sinistra del Pd si vuole continuare a giocare col fuoco, bè questa non sarebbe neppure una novità. Di fronte ai gravi drammi del Novecento l’estrema sinistra ha solo saputo ballare sul Titanic. E mentre la nave affondava canticchiare vecchie litanie ed alzare le braccia al vento.

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