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Perché dico no a un lockdown nazionale

24 Ottobre 2020 377 views No CommentStampa questo articolo Stampa questo articolo

Era inevitabile che prima o poi esplodessero incidenti. E siamo solo all’inizio. Era evidente che la rabbia sociale, per ora limitata alla sola Napoli, prendesse il sopravvento. Questo anche a seguito di misure invasive, come quelle decise dal governatore della Campania De Luca, che ha annunciato un lockdown dopo avere sospeso l’attività didattica in tutte le scuole. Condanno tutte le violenze, ma parliamo di un provvedimento, e soprattutto della richiesta di un lockdown nazionale, che né la Spagna, né la Francia hanno adottato, in presenza del doppio dei nostri contagiati quotidiani. L’impressione é che manchi oggi un potere centrale forte e un coordinamento efficace, che la legge prevede, tra governo e regioni. Mentre le parole, le decisioni e le mezze decisioni traballano tra governo nazionale, governatori, sindaci, Asl, Cts e varie propaggini di cui si sono dotate le nostre frastagliate istituzioni. Manca poco? No. Manca tutto. Partiamo dal centro. Il Cts parla, con una dose di estremismo allarmistico che non fa bene al Paese, addirittura di “strage imminente”. Le parole hanno un senso chiaro e soprattutto oggi, con la popolazione atterrita da messaggi anche di minore impatto e di meno autorevole provenienza, sono una sorta di editto scalfito nella pietra. Di quale strage di parla? Ieri, pur in presenza di quasi ventimila contagi, si sono avuti poco più di 90 morti, una ventina in meno del giorno precedente. Preoccupati? Certo. Ma coi numeri esatti. Questi. Su 6.628 posti di terapia intensiva oggi disponibili in Italia il 15% è occupato da pazienti Covid, percentuale che scende all’11% se si considerano anche gli ulteriori 1.660 posti letto attivabili con i ventilatori che sono già stati distribuiti alle regioni. Il dato è contenuto nel report settimanale del Commissario straordinario per l’emergenza Domenico Arcuri dal quale emerge che la regione con la percentuale più alta di pazienti in terapia intensiva – rispetto ai posti a disposizione – è l’Umbria, che ha un tasso di occupazione al 27,85%. Subito dopo c’è la Campania (21,71%) e la Sardegna (20,69%). In Lombardia la percentuale è al 15,69% mentre il tasso più basso si registra in provincia di Trento, con l’1,96%. Questo non significa che le cose, in breve, non possano volgere al peggio. Ma se manteniamo una percentuale di asintomatici e di pauci sintomatici nell’ordine del 94% é difficile in breve tempo pensare a una saturazione dei nostri ospedali. Certo l’aumento va frenato e il terzo dpcm di Conte dovrà essere più chiaro e rigoroso. Non paventare un lockdown nazionale perché ai danni prodotti dal primo si aggiungerebbe una frustrazione generale e la rabbia sociale aumenterebbe a dismisura, ma provvedimenti adottati su base territoriale, adeguati alla gravità o meno dell’infezione. La pandemia sanitaria non può sfociare in una più pericolosa e drammatica pandemia economica. Con sussidi che quando arrivano non sono sufficienti e peraltro, come la Cig e il divieto di licenziamento, assumono un carattere transitorio. L’Italia ne uscirebbe a pezzi. Già tutti gli inviti a restare a casa provocheranno non poche ripercussioni sul nostro tessuto economico, ma un provvedimento stile marzo ci metterebbe forse definitivamente al tappeto. Si sa, l’Italia, anche prima del Covid, era il paese che cresceva meno, poco oltre lo zero a fronte di un incremento della zona euro superiore all’1% e con la Spagna al 2,4. Adesso si tratterebbe di valutare le conseguenze di un ulteriore collasso, che già pone l’Italia al vertice del suo storico indebitamento dall’unità ad oggi, sfiorando quel 160% sul Pil che venne solo raggiunto alla viglia della marcia su Roma. E che colloca l’Italia ormai al penultimo posto, dietro la sola Grecia, nel rapporto debito-Pil. Di tutto questo la classe politica deve occuparsi, così come il governo dovrebbe occuparsi dei danni ingenti che sta provocando il mancato ricorso al Mes sanitario, di quante nuove strutture si sarebbero potute costruire, di quanti reparti, di quante assunzioni si sarebbe potuto giovare il nostro sistema sanitario e assistenziale, con un risparmio accertato di 3miliardi per interessi in dieci anni. E di quanto miope sia stato e sia tuttora l’atteggiamento incomprensibile e immotivato di chi continua a porre un veto. Poi guarda il cielo sperando che sia clemente. Fatalisti, negazionisti, allarmisti, sedatevi. Abbiamo bisogno di gente con la testa sulle spalle. Di fronte a un disastro servono equilibrio, determinazione, intelligenza. Esistono in misura adeguata oggi, in Italia?

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