Draghi e la scomposizione
Draghi ha accettato di formare il governo. Si tratta di un evento epocale. Non solo per le sue qualità e la stima di cui il personaggio gode in tutta Europa e nel mondo, ma anche perché l’intero sistema politico rischia di essere riscritto. Partiamo da sinistra. Leu sarà scettica, ma Bonino e Calenda voteranno a favore, rendendo così praticabile un’intesa con Renzi, anche se l’atteggiamento un po’ aristocratico di Calenda pare escluderlo (ma dipenderà dalla legge elettorale). Il Pd dirà di sì, ma la posizione di Zingaretti e Bettini, e cioè “O Conte o il voto”, ne esce indebolita alquanto e le tensioni interne aumenteranno. I Cinque stelle, già parecchio divisi, si divideranno ancora di più sul voto a Draghi e l’uscita proprio ieri di Carelli preannuncia un possibile esodo. Forza Italia voterà a favore senza esitazioni e così pure Toti, annunciando un distacco dalle posizioni estreme e un riavvicinamento a quelle dei popolari europei, mentre la Lega potrebbe o astenersi o votare a favore in cambio di elezioni dopo quelle del presidente della Repubblica che potrebbe essere lo stesso Draghi. Assicurazioni che non ci saranno ma potrebbero essere implicite. La Meloni con la sua insistenza per le elezioni rischia di perdere consensi se si rifugia all’opposizione. Dunque l’arma Draghi può dividere i Cinque stelle e il centro-destra, può ribaltare i rapporti di forza nel Pd, mentre gli italiani già ora, leggo i sondaggi televisivi, danno Draghi al 45% del gradimento che presto volerà al 60-70%, mentre di Conte quasi nessuno si ricorderà e cosi della sua lista, e contemporaneamente attribuiscono a Italia viva il 4% e all’unione tra Calenda e la Bonino il 5%. Vorrei sinceramente sapere se esiste un solo socialista che non gradisce questo nuovo scenario.
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