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Che sorpresa, la sinistra giustizialista

27 Aprile 2021 301 views No CommentStampa questo articolo Stampa questo articolo

Dunque la proposta di istituire una Commissione d’indagine sullo stato della giustizia in Italia, che mi ero permesso di lanciare qualche settimana fa su queste pagine, ha trovato un riscontro positivo in Parlamento. E’ stata votata la sua calendarizzazione alla Camera dal centro-destra compatto, più Azione e Italia viva. Come sempre contrario il Movimento Cinque stelle, e questo era scontato anche dopo gli attacchi dell’illuminato folle (a proposito il popolo italiano nel 2018 a questo personaggio ha attribuito la stessa percentuale affidata al partito di De Gasperi, Moro e Fanfani). Contrario, come d’abitudine, anche il Pd. Quest’ultimo partito eredita una cultura subalterna all’ordine giudiziario che il Pds assunse a fronte delle indagini del Pool Mani pulite e della proposta che, solitario, Craxi avanzò di istituire una commissione di indagine parlamentare su un’azione così decisiva nella trasformazione del sistema politico italiano. Alla base dell’obiezione la solita farsa dell’indipendenza della magistratura. Un’indipendenza, come ha opportunamente sottolineato Sabino Cassese, che va sempre a senso unico. Cioè la politica la deve rispettare, ma la magistratura no. Come diversamente interpretare la scelta di varare una riforma del Csm concordandola con l’organo di autogoverno dei magistrati? E che il primo ad essere ascoltato dal Parlamento sul tema sia Ermini, vice presidente del Csm e già responsabile del settore giustizia per il Pd? Quell’Ermini peraltro più volte chiamato in causa come il suo predecessore Legnini, ex comunista e poi sottosegretario in vari governi di centro-sinistra? Come possono assolvere a un ruolo autonomo costoro? Come può essere difesa l’autonomia dei magistrati da un Csm in parte minoritaria composto da esponenti eletti dai partiti in Parlamento e per la maggioranza costituito da membri togati eletti dai partiti dei magistrati? Una commissione d’indagine sullo stato della giustizia non può essere votata da un partito, il Pci-Pds-Ds-Pd, che alla magistratura deve il favore non lieve di esistere, di avere scavallato il fossato periglioso dei primi anni novanta, di avere assunto un ruolo di primo piano negli anni duemila. Senza mai mettere in calendario quella riforma della giustizia di stampo europeo, con separazione delle carriere dei magistrati e un cambio sostanziale di meccanismi nell’elezione del Csm (il sorteggio?) così osteggiata dal partito unico dei magistrati. Coi magistrati sempre col fucile puntato e pronto a far cadere governi, a ricattarne altri, a dichiarare guerra a quelli ritenuti nemici. Devo dire che sulla proposta di partire dal testo Bonafede, per quanto riguarda le nuove modalità di elezione del Csm e sulle future incompatibilità tra magistrati e politici, solo Enrico Costa, di Azione, ha manifestato contrarietà. E se io fossi stato in Parlamento lo avrei appoggiato. Ne discende l’ennesima valutazione politica sull’asse Pd-Cinque stelle. Mi divide da questo fronte la concezione della nostra democrazia, della quale la questione giustizia è l’asse fondamentale. Meno male che l’area liberalsociaIista è rimasta compatta coi suoi valori che non sono in vendita. E che ci proiettano in un’altra Italia, in Europa e nel mondo liberaldemocratico.

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