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La Corte europea, Berlusconi, i referendum sulla giustizia

20 Maggio 2021 503 views No CommentStampa questo articolo Stampa questo articolo
Dunque la Corte europea dei diritti dell’uomo ha posto al governo italiano dieci quesiti a proposito della condanna di Silvio Berlusconi che costò all’ex presidente del Consiglio l’affidamento ai servizi sociali e la decadenza da parlamentare. Tra questi ne riprendiamo due. La prima: “Il ricorrente signor Silvio Berlusconi ha beneficiato di una procedura dinanzi a un tribunale indipendente, imparziale e costituito per legge?

Ha avuto diritto a un processo equo? Ha disposto del tempo necessario alla preparazione della sua difesa?”. La seconda: “L’azione per la quale il ricorrente è stato condannato costituiva reato secondo il diritto nazionale al momento in cui è stata commessa? Il ricorrente si è visto infliggere una pena più grave rispetto a quella applicabile al momento in cui la violazione è stata commessa, in ragione della mancata applicazione delle circostanze attenuanti? Il ricorrente è stato processato due volte per la stessa offesa sul territorio dello Stato?”. In un’intervista a Il Giornale l’ex magistrato Nordio ha voluto a tale proposito ricordare tre anomalie che hanno indotto la Corte europea a pretendere questi chiarimenti. Il primo: “Non si era mai visto un presidente di Cassazione dare un’intervista subito dopo il verdetto, ma prima della pubblicazione delle motivazioni”. Occorre considerare poi che “Antonio Esposito aveva mostrato una sensibilità particolare. Ricordo anche che la Cassazione è un organo collegiale e in qualche modo un’intervista impegna tutti”. La seconda, ancora più sconcertante, deriva dalle ammissioni del giudice Amedeo Franco che, pur facendo parte del collegio che aveva condannato Berlusconi, “ha sentito il dovere di andare a trovare il condannato sostanzialmente per chiedergli scusa”. La terza anomalia è forse quella decisiva e deriva dalla descrizione del sistema a cui si riferisce Luca Palamara nel suo libro scritto con Sallusti. E soprattutto dai passaggi in cui Palamara allude a una decisione dell’Anm di contrastare politicamente il governo Berlusconi e “il dovere di contrastare Salvini anche quando aveva ragione”. Sono passati sette anni da quando il dossier “Berlusconi contro Italia” é stato depositato e il fatto che la Corte europea riscopra un fascicolo vecchio deve essere messo in relazione proprio alle denunce che sono contenute nel libro di Palamara. Un volume scottante con affondi spietati sulla magistratura italiana e sul suo stesso operato che stanno passando sotto silenzio in Italia senza controffensive dei magistrati, senza adeguate reazioni del sistema politico. Solo due gli eventi da sottolineare. Il primo riguarda la richiesta di una commissione d’Indagine che si volle negare per le inchieste di Tnagentopoli che hanno stravolto il sistema politico italiano e che la sinistra italiana tenta ancora, con un comportamento tipico delle destre, di bloccare, come dimostra l’orientamento del Pd in Commissione contrario all’emendamento Costa (Azione) sulla separazione delle carriere. L’’altro é costituito dalla raccolta di firme per svolgere un referendum sui temi più scottanti del momento: la separazione delle carriere dei magistrati, la riforma della custodia cautelare, la responsabilità civile dei magistrati, il sistema di elezione del Csm. A promuovere l’iniziativa é il Partito radicale assieme alla Lega, conquistata alla linea garantista dopo la stagione dei cappi. Ed é un fatto positivo. Credo che alla luce di tutto questo, vale purtroppo solo sul piano storico e non più su quello politico, il Parlamento, che pur si occupa ancora del caso Moro, dovrebbe inserire tra i compiti della Commissione, ma con una maggioranza Pd-Cinque stelle dubito che quest’ultima possa prendere il largo, anche una corretta rilettura delle inchieste del Pool Mani pulite. Lo impone la verità, lo impone la giustizia, lo impone la memoria.

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