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Errare humanum, riformare diabolicum

6 Febbraio 2024 169 views No CommentStampa questo articolo Stampa questo articolo

L’articolo 138 della Costituzione prevede il voto dei 2/3 dei parlamentari di Camera e Senato in seconda lettura per validare una riforma costituzionale e in caso contrario un referendum confermativo se richiesto da 1/5 dei parlamentari di una Camera o da cinquecentomila elettori o da cinque Consigli regionali. E’ragionevole, dunque, prevedere, come nel caso della riforma Renzi, che anche la legge sul premierato che verrà presentata dopo alcune modifiche nei prossimi giorni venga poi sottoposta a referendum. Poiché lo stesso articolo della Costituzione prevede che le quattro votazioni debbano avvenire con una differenza minima di tre mesi l’una dall’altra, é previsto un anno per l’approvazione parlamentare. E se anche la prima approvazione avvenisse, come si augura la Meloni, prima delle elezioni europee, il tragitto parlamentare si concluderebbe a giugno del 2025. Poi il tempo per raccogliere le necessarie condizioni di svolgimento del referendum, la campagna referendaria e si potrebbe ipotizzare la primavera del 2026 per l’entrata in vigore della legge che però verrebbe utilizzata dopo le elezioni politiche del 2027, cioè a partire dal 2031. Viene mal di testa a pensare cosī in lungo. Molti di quelli che sono in campo adesso non ci saranno più, non sappiamo in che condizioni sarà il nostro paese, neppure se sarà coinvolto in una guerra (sembrava impossibile dieci anni orsono, adesso un po’ meno), se l’Europa avrà fatto un balzo in avanti verso la sua unità politica. Ma sopratutto non possiamo ipotizzare l’esito di un referendum che due volte su tre (la cosiddetta devolution e la riforma Renzi) ha clamorosamente bocciato, mentre l’unica riforma approvata, la modifica del titolo 5, pur essendo stata approvata é tuttora contestata anche dai favorevoli. Il referendum si svolgerà con due parole d’ordine. L’opposizione userà quella del “premierato come nuova forma di autoritarismo”, la maggioranza quella del “diamo la parola al popolo”. Quale delle due risulterà più efficace? Il nuovo testo elimina la contraddizione tra premier eletto e suo sostituto che pur non essendo eletto aveva il potere di sciogliere le camere. Aprais lui le deluge. Adesso, se non ho capito male, se il premier eletto dal popolo non dispone più della maggioranza parlamentare può chiedere o pretendere lo scioglimento. Tranne in alcuni casi come la morte o un’indisposizione permanente. E in questo caso ritorna il sostituto. Ma la contraddizione di fondo della riforma resta. Poiché non si vuole la forma presidenziale o semipresidenziale, che affida al presidente della Repubblica o a un suo delegato il compito di presiedere il governo, si inventa questo strano modo di concepire un sistema democratico che non esiste in nessun paese al mondo. L’elezione diretta del capo dell’esecutivo che poi sceglie i suoi ministri, non solo esautora di qualsiasi potere il presidente della repubblica retrocesso a semplice notaio, ma implica ia necessaria condizione che il premier disponga di una maggioranza parlamentare. Si potrebbe infatti eleggere un premier senza maggioranza. Il caso francese della doppia maggioranza si risolve, é già accaduto con Mitterand e Chirac, nella forma di una coabitazione, ma nel caso del premierato? Può un premier eletto dal popolo chiedere la fiducia in Parlamento? Cioè un eletto direttamente dal popolo può sottomettersi alla volontà dei rappresentanti del popolo? E poi quale legge elettorale può garantire che il premier eletto dal popolo detenga una maggioranza parlamentare? Conosco solo due leggi che lo garantiscono al 99 per cento: l’Italicum che prevede il ballottaggio di coalizione e il Porcellum che attribuisce il premio di maggioranza alla prima coalizione senza soglie (e per questo bocciato dalla Corte). Non si ha notizia di quale legge elettorale si avvale la riforma del premierato. Francamente non riesco a comprendere il motivo per il quale non si scelgano le due forme elettorali che funzionano in Europa: il semipresidenzialismo francese, con elezione del presidente anche col ballottaggio e elezioni legislative con collegi uninominali a doppio turno, o il cancellierato alla tedesca, con elezione del cancelliere da parte del parlamento e legge proporzionale con sbarramento. Ci romperemo la testa col premierato. Rischierà soprattutto la Meloni. Il paese si dividerà senza capire su cosa.

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