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Toti in manette

8 Maggio 2024 86 views No CommentStampa questo articolo Stampa questo articolo

I reati vanno provati. E Giovanni Toti, presidente della regione Liguria, Paolo Emilio Signorini, ex presidente dell’autorità portuale di Genova e attuale presidente della azienda Iren, gli altri coinvolti nelle indagini della magistratura genovese, compreso il capo di gabinetto di Toti, accusato di associazione mafiosa, hanno il sacrosanto diritto di difendersi dalle accuse di corruzione. Intanto sugli arresti nutriamo forti perplessità. Il carcere preventivo, del quale i magistrati hanno spesso abusato, si deve applicare seguendo una normativa che indica nel pericolo di fuga, nella possibile reiterazione del reato e nell’inquinamento delle prove le sole motivazioni che la giustifichino. Il gip di Genova Paola Faggiani, nella sua ordinanza, ha chiesto l’arresto di Toti “per il pericolo attuale e concreto che l’indagato commetta altri gravi reati della stessa specie… e in particolare che possa reiterare, in occasione delle prossime elezioni europee condotte corruttive”. Ora, la motivazione non sta in piedi. Che Toti, raggiunto da un avviso di garanzia e accusato di corruzione possa reiterare analogo, supposto reato in vista delle elezioni europee pare quantomeno stravagante. Ci vorrebbe davvero un imbecille. Ma le manette ai polsi, si sa, danno lustro a chi le applica e soprattutto provocano clamore amplificando l’eco delle notizie. Quanto ai reati contestati attendiamo di saperne di più. Quel che si conosce riguarda particolari favori fatti ad Aldo Spinelli, già presidente del Genoa e del Livorno (non si comprende bene se dalla Regione o dall’autorità portuale, probabilmente da entrambe) sulle concessioni di aree portuali. Secondo la Procura Spinelli avrebbe poi versato somme a Toti (75mila euro) per le diverse campagne elettorali e a Signorini avrebbe versato personalmente 15mila euro più concesso una serie di bonus per hotel e casinò di Montecarlo, nonché una promessa di un incarico ben remunerato alla fine del suo mandato. Tutto questo a un mese dalle elezioni europee. Certo i magistrati non devono esimersi dal fare indagini e neppure dall’inviare avvisi di garanzia, non devono sospendere la loro attività giudiziaria perché scocca l’ora del giudizio elettorale. Ma questo entrare a gamba tesa nelle controversie elettorali con tanto pesante carico che potrebbe influire sul voto, finisce per svuotare di molto la credibilità dell’operazione. Personalmente avrei preferito che l’azione dei magistrati si sviluppasse una volta scrutinati i voti. Come del resto é accaduto in altre circostanze. Ma le preferenze in fatto di opportunità sono davvero molto opinabili.

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