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Intervento in Aula sul caso D’Elia

Signor Presidente, i deputati del Nuovo PSI non voteranno la mozione presentata dall’onorevole Bondi. Essa pone una questione di opportunità politica, ma le questioni di opportunità politica appartengono, appunto, alla sfera della riflessione e della polemica politica, e non possono rimandare alla norma. Si può giudicare opportuna o non opportuna la candidatura e l’elezione a deputato dell’onorevole Sergio D’Elia, e mi stupisce il fatto che al momento della sua candidatura nessuno abbia obiettato alcunché. Si può giudicare opportuna o non opportuna la sua elezione a segretario dell’Ufficio di Presidenza della Camera, ma non si può stabilire un impedimento.
L’onorevole D’Elia fa parte di quella fetta della mia generazione che, a metà degli anni Settanta, ha concepito la lotta armata come lotta politica. Io faccio parte dell’altra fetta di quella generazione: quella che si è battuta contro la suddetta scelta da posizioni riformiste e libertarie. L’onorevole D’Elia ha pagato un prezzo per le sue scelte: dodici anni di carcere che gli hanno consentito di maturare convinzioni profondamente diverse, di ripudiare non solo la lotta armata, ma la violenza in quanto tale e di iscriversi al partito Radicale di Marco Pannella presiedendo l’associazione Nessuno tocchi Caino, che si batte contro la pena di morte in tutto il mondo.
Egli ha pagato il prezzo dei suoi errori, è divenuto deputato e non può essere concepito come un deputato di serie B, cui siano negati diritti consentiti agli altri. Faccio questo ragionamento a prescindere dalle collocazioni politiche e dal passato di ognuno di noi. Farei esattamente lo stesso discorso se, anziché provenire da un’organizzazione di estrema sinistra – so che molti di coloro che stanno all’estrema sinistra questo ragionamento non lo farebbero mai – la persona in questione fosse appartenuta ad un’organizzazione di estrema destra. Non ne faccio una questione di colore, ne faccio una questione di principio. La lotta armata è stata sconfitta definitivamente in questo Paese e si deve anche a coloro che si sono ravveduti, a coloro che si sono battuti contro la lotta armata negli anni Ottanta e negli anni Novanta, a coloro che hanno abbracciato la fede democratica e libertaria il fatto che finalmente siano stati isolati coloro – e non erano certamente pochi, come ha riconosciuto lo stesso presidente Cossiga – che abbracciarono un ideale di morte e di violenza per cambiare le sorti della nostra società.
D’Elia ha pagato per le sue colpe e le vittime della violenza, a mio giudizio, dovrebbero preoccuparsi di coloro che non hanno pagato mai. Mi scandalizzo ancora quando leggo – sono stati pubblicati recentemente da diversi quotidiani (Libero, Giornale,) – alcuni manifesti deliranti firmati da intellettuali cosiddetti di sinistra, che legittimavano politicamente l’uso della violenza negli anni Settanta, facendola loro. Costoro non hanno mai pagato nulla e c’è invece chi ha pagato per loro. Verso costoro, che sono stati cattivi maestri, a costoro che hanno armato tante braccia, nascondendo la mano nella loro tasca, verso costoro, che sono sempre stati a galla, non nutro lo stesso sentimento che esprimo verso D’Elia, anche perché devono ancora chiederci scusa e ammettere di avere sbagliato(Applausi dei deputati dei gruppi della Democrazia Cristiana-Partito Socialista e de La Rosa nel Pugno).