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Ancora due saggi di divagazioni filosofiche del prof. Mau Du Beuff

17 Gennaio 2011 1.225 views No CommentStampa questo articolo Stampa questo articolo

Due paroline sull’aldilà

Non ho mai capito perchè noi dovremmo esistere dopo la morte, se non siamo esistiti prima della vita. E’ evidente che noi non c’eravamo nel 1810 e neppure nel 1910 e nemmeno nel 1950. E che la nostra vita è iniziata quando ha preso forma il nostro corpo. Perchè allora la nostra vita dovrebbe sopravvivere alla morte del nostro corpo, attraverso un’ipotizzata anima che prima della nostra nascita non esisteva autonomamente?  L’anima e il corpo, parliamo di queste due entità delle quali acutamente parla Sant’Agostino e sulle quali si sono esercitati molti filosofi e teologi. Se sono cioè entità inseparabili o separabili e perchè se nascono inseparabili possono poi vivere separate? Blaise Pascal sosteneva che con la razionalità non s’arriva a Dio e che la fede, essendo irrazionale, va cercata con la fede e non con la ragione. Ma sarebbe come dire che credo perchè devo credere e non perchè sono convinto di credere. Se prendiamo Kant e Hegel, per loro non può esistere la fede ma solo un Dio che è il tutto (almeno per Hegel), dunque una sorta di divinità materializzata, cioè razionale. E se pensiamo all’universo e al tempo possiamo accedervi attraverso le teorie di Newton e di Enstein. Cioè grazie alla scienza. Ma grazie alla scienza non s’arriva a Dio, s’arriva al limite della conoscenza. Ad esempio se arrivo ad afferrare il concetto di tempo come realtà relativa, cioè non esiste il tempo senza lo spazio, il tempo è sempre in relazione a qualcosa, allora posso anche capire il concetto di universo e di infinito e non metterli in relazione a quello di inizio e di nascita. Cioè posso evitare di pensare all’inizio del tempo, che non inizia, essendo qualcosa che non c’è senza relazione con qualcos’altro. Chiaro? Resto però ancora piuttosto perplesso sulle spiegazioni nei confronti dei cosiddetti miracoli e dei sensitivi che leggono il passato senza conoscerlo, dei preditivi, che leggono il futuro e lo indovinano. Sono tendezialmente propenso a definirli fenomeni spiegabili attraverso la relativa conoscenza che noi abbiamo del nostro cervello e delle sue possibili funzioni. E’ possibile che i miracoli siano dovuti a capacità per ora sconosciute di noi stessi? D’altronde ammettiamo qualcosa del genere quando diciamo a un malato di tumore: “Se hai la volontà puoi guarire”. Vuol dire che il nostro cervello può sprigionare facoltà immense e funzionali anche alla determinazione di guarigioni che restano inspiegabili perchè non riservate scentificamente a tutti. E così per coloro che leggono passato e futuro. Sono facoltà per noi inspiegabili perchè la nostra conoscenza è ancora limitata. Più difficile è però afferrare il fenomeno di transizione verso l’aldilà dei malati che poi ritornano alla conoscenza, generalmente dopo traumi gravissimi. Costoro sostengono di aver vissuto la morte e descrivono quasi sempre le stesse scene. Di fronte a questi fenomeni, che il film di Clint Eastwod ci descrive molto bene, alzo le braccia. Andatelo a vedere e poi ne parliamo.

Divagazioni filosofiche (greche)….

I primi filosofi greci, Talete, Anassimene, Anassimandro si chiedevano quale fosse mai l’origine di tutte le cose. Cioè si ponevano un problema di tipo scientifico (erano a modo loro scienziati ante litteram) e non metafisico. Non arrivano a cercare Dio o un’entità da cui tutto fosse derivato. C’era, tra loro, chi azzardava l’ipotesi che l’origine del creato fosse l’aria, chi l’acqua, chi il fuoco. Eraclito sosteneva in particolare quest’ultima tesi, ma era detto l’oscuro (la definizione è di Aristotele) perchè quasi nessuno è mai riuscito a capire cose volesse dire. Sosteneva tuttavia che il movimento era l’essenza delle cose le quali non esistevano in sè. Non apparteneva alla scuola naturalista di Mileto, come i primi tre, ma anche lui, pur nella sua impenetrabile oscurità, non si era posto l’idea di un Dio creatore. Ma il più originale e provocatorio di loro fu certamente Pitagora, che asseriva che l’origine di tutto fosse il numero. Amante della matematica e scopritore di teoremi che poi a lui hanno fatto storicamente riferimento, se Eraclito era l’oscuro, Pitagora divenne un affascinante folle. L’aria, l’acqua, il fuoco passino, ma che il numero potesse aver generato qualcosa e che addirittura abbia generato il tutto, dovette risultare anche allora davvero bizzarro. Eppure Pitagora fu il creatore di una scuola e di una vera e propria setta di fanatici e molti suoi adepti lo veneravano come una divinità. O come un numero. Nemmeno Socrate volle pensare a Dio. Anche se Socrate fu il primo (lo conosciamo attraverso Platone che lo introdusse attraverso i Dialoghi e in parte Senofonte) a porsi il problema non già del mondo, ma dell’uomo. Socrate andava per le piazze (agorà) di Atene e fermava la gente per strada. E al poveretto che doveva ascoltarlo per ore chiedeva di tutto, poi tentava di dimostrargli il contrario di quel che il suo interlocutore aveva sostenuto. Non siamo alla tesi e all’antitesi, ma alla capacità di far partorire (maieutica) autonomamente le conclusioni attraverso un vero e proprio contradditorio, tutto ispirato al culto del dubbio. La gente non ne poteva più. Girava al largo da Socrate come dalla zia di Reggio perchè se lui ti attaccava un bottone era la fine. Magari tu dovevi andare al lavoro e avevi fretta e lui ti fermava per strada per parlarti della verità. Palle no? Socrate fu talmente odiato che fu condannato a morte non perchè si faceva i giovinetti (cosa allora naturale per tutti e anche per lui), ma perchè li corrompeva e bevette la cicuta. Da allora la gente di Atene potè circolare liberamente come dopo l’edificazione della  rotatoria di Regina Pacis. E che dire di Platone e del suo mondo delle idee e della sua aristocratica visione del governo dei saggi e di Aristotele, della logica, ispirata al sillogismo (Marco ha due mani, gli uomini hanno due mani, Marco è un uomo) e anche alla sua concezione della politica (l’etica della polis)? Peccato che costui sostenesse che gli schiavi non potevano diventare uomini liberi perchè non erano autosufficienti. Il chè mi ricorda quel che disse mia zia che era andata in Etiopia. Lei sosteneva che i negri mangiavano davvero poco perchè non avevano un grande appetito. Nessuno di questi filosofi aveva scoperto Dio. Eppure avevano una certa intelligenza ed erano più vicini di noi all’inizio del creato. Quella civiltà aveva sì divinità (Zeus era il grande capo), ma quelli lì erano simbologie, mica si trasformavano in “dio creatore”, che poi divenne uomo (la trasformazione di Dio in uomo è davvero difficile da afferrare), secondo la religione cattolica e che invece non lo divenne mai secondo quella ebraica. Se scopriamo che l’inizio fu un big bang Dio non c’è più?

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