L’enigma
Dopo l’ottima riuscita della conferenza a tre di ieri sera all’Astoria, promossa dal Centro Prampolini di Reggio, mi é rimasta una domanda, alla quale i rappresentanti dei tre maggiori candidati alle primarie di coalizione non han voluto o potuto rispondere. La domanda è semplice: “A che servono queste primarie?”. Si deve votare per un candidato premier di una coalizione senza che la legge elettorale, qualunque legge elettorale, perché altrimenti bisognerebbe cambiare la Costituzione, lo preveda. Si tratta dunque di scegliere un candidato premier virtuale, perché il mandato di formare un governo resta nei poteri del presidente della Repubblica. Il candidato dovrà essere espressione di una coalizione composta da tre partiti, Pd, Sel e Psi. E gli elettori, per poter votare, dovranno aderire alla carta d’intenti “Per l’Italia bene comune”, recentemente sottoscritta dai tre partiti. Uno dei tre candidati però, Renzi, sostiene che con lui il Pd salirebbe al 40 per cento e non ci sarebbe bisogni di coalizioni. Dunque scioglierebbe la coalizione della quale diverrebbe candidato. Non si è mai visto un eletto che dopo la sua elezione ripudia i suoi elettori. Ma anche col 40 per cento risulta impossibile governare, anche con un premio di maggioranza al 10 per cento. A meno che non resti il famigerato Porcellum che tutti hanno ripudiato. Dunque si porrebbe, in qualsiasi caso, il problema di una successiva alleanza per governare l’Italia. E non è detto che l’alleanza più larga della quale parla Bersani, ma che Vendola esclude, presupponga la stessa candidatura alla presidenza del Consiglio uscita dalle primarie della triade Pd, Sel e Psi. Dunque a che servono queste primarie? Non sono previste dalla legge, uno dei candidati (Renzi) vorrebbe addirittura sciogliere la coalizione che le ha lanciate, è impossibile che la suddetta coalizione arrivi alla maggioranza assoluta e non è scontato che una coalizione più larga, peraltro esclusa da Vendola e auspicata da Bersani, ne accetti i risultati. L’unica cosa certa è che le primarie mobilitano e accendono le luci sul Pd. “Non ci ammazza più nessuno”, dice Bersani. È vero. Il Pd si può ammazzare soltanto da solo, se i toni salgono troppo e se la sfida diventa aggressione. Di primarie in giro per l’Italia ne sono state fatte a bizzeffe. E raramente è accaduto che chi le perde corra poi a favore del vincitore, trasformandosi in suo gregario. L’America è lontana, vero Wolter?
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