La sintonia
Che non è sinfonia, certo. Men che meno quella nona di Beethoven dedicata alla gioia. Però Letta e Renzi sembrano aver siglato un patto: voto nel 2015 e adesso avanti con la legge elettorale e Piano del lavoro. Forse anche con quel rimpasto che si rivela assolutamete necessario e condiviso, ma non lessicalmente, da Renzi, l’innovatore dei riti della cosiddetta Prima Repubblica. Magari lo chiamerà in un altro modo. Che so, forse Cabinet reshuffle. Fatto sta che Letta ha fatto autocritica sulla questione insegnanti che aveva destato preoccupazione in tutto il corpo docente e non italiano e insistito perchè l’intesa sulla legge elettorale parta dalla maggioranza di governo, come gli hanno chiesto, non senza qualche ragione, gli alleati e in particolare il Nuovo centro destra. Su questo punto pare che tra i due si sia cementato una sorta di patto nella differenza dei ruoli o unità nella diversità di antica memoria. Letta lavorerà sulla base delle tre proposte di Renzi per farne accettare una ad Alfano, Renzi aprirà, ma ha già cominciato a farlo, a Forza Italia e a Sel. Anche sul piano del lavoro, o Job act, non vi sarebbero obiezioni di fondo. Letta apprezza Renzi come ieri aveva apprezzato Ichino, padre naturale del progetto renziano. Sembra anche che i due siano in sintonia, in improvvisa sintonia, sui passi da fare verso l’Europa, sulla politica internazionale, sui marò, insomma una sorta d’intesa generale che non manca di stupire dopo le bordate degli ultimi giorni da parte dell’entourage di Renzi, vedasi la richiesta, poi ritirata, di dimissioni del ministro Saccomani. Eppure sulla metodologia per arrivare entro la fine di gennaio ad individuare un testo condiviso di riforma elettorale si nasconde un tranello. Mettiamo il caso che Letta si presenti da Alfano con le tre proposte di Renzi, come se fosse Mike Bongiorno con le tre fatidiche domande numerate. E Alfano, che preferisce la legge dei sindaci, ne cambi almeno qualche parte non trascurabile condividendone altre. Renzi ha parlato già con Forza Italia e Sel, e così si determinerebbe una strana situazione, in base alla quale le intese potrebbero non essere le stesse. Si tornerebbe alle convergenze parallele. E siccome sia Letta sia Renzi hanno solennemente affermato che le regole si varano non a colpi di maggioranza, si dovrebbe tornare da capo. E soprattutto ripartire con la vecchia logica del confronto istituzionale, magari in commissione dove, si sa, non mancano i diversivi per allungare tempi e svuotare le proposte. La sintonia a quel punto potrebbe davvero trasformarsi in sinfonia, ma non la nona, piuttosto La patetica. Con Grillo a urlare Al voto (con il Porcellum…).
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