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Promesse e risorse

27 Febbraio 2014 935 views No CommentStampa questo articolo Stampa questo articolo

Non c’è dubbio che quello di Renzi sia un inizio sfolgorante. Per Bersani il nuovo governo manca di umiltà. E si tratta di un eufemismo. Resta il fatto che tra bagni di folla e programmi ambiziosi, il nuovo presidente del Consiglio dovrà tra poco affrontare il tema delle compatibilità economiche dei suoi giusti obiettivi. E poiché non penso che i suoi predecessori abbiano nascosto in soffitta le risorse che avrebbero potuto spendere, siamo ancora in attesa di conoscere con quali soldi il nostro Matteo riuscirà a finanziare il suo programma.

I problemi mi paiono di triplice valenza. La prima attiene al rapporto coi vincoli europei. È evidente che gli intendimenti del nuovo governo presuppongono una rincontrattazione dei parametri di Maastricht, e la conseguente possibilità di sfondare il tetto del 3 per cento nel rapporto tra deficit e Pil. Almeno per ciò che riguarda gli investimenti, senza dei quali peraltro il Pil non aumenta e il rapporto col deficit non diminuisce. Il secondo problema è come affrontare il fiscal compact, che scatta dal 1 gennaio del 2015, e che impone a tutti i paesi fortemente indebitati una riduzione al 60 per cento del rapporto debito-Pil in vent’anni. I più estremisti scambiano questo come una riduzione del semplice debito e conteggiano una contrazione del debito italiano dal 130 al 60 per cento, con un taglio del 70 per cento e dunque di circa 1000 miliardi (50 miliardi l’anno). Così sarebbe un suicidio. La verità è meno drammatica, ma non meno impegnativa. E cioè si tratta di ridurre il rapporto tra debito e Pil. Dunque aumentando la percentuale di Pil il taglio del debito sarebbe conseguente. Certo se fossimo senza sviluppo o con un tasso di crescita impercettibile, tutto diventerebbe insopportabile.

Poi ci sono i tagli di spesa e le alienazioni di patrimonio pubblico. Su questo il governo dovrà lavorare. Lasciamo perdere i populismi, ai quali lo stesso Renzi a volte si presta, sul taglio alla spesa per la politica, che è stato fatto e che dovrà essere completato, ma che non sposta nulla. Il piano delle alienazioni del patrimonio pubblico andrebbe presto illustrato e sottratto al caso, come com’è avvenuto nella vicenda Telecom, perché si possono creare margini per svendite sottocosto e per ingiustificati affari privati. Il taglio alla spesa pubblica dovrà per forza di cose essere anche impopolare e interessare la sanità e forse anche la previdenza, che sono i due settori più costosi. Per questo servirebbe forse una guida un po’ meno piaciona e di stile berlusconiano. Più seriosa e inflessibile. Se non vogliamo scomodare Dracone, alla Quintino Sella. Ce la farà Renzi a superare e poi governare i vincoli europei, a tagliare spese e a vendere beni per finanziare il suo ambizioso programma di governo che comporta più di cento miliardi di risorse disponibili? È quello che gli auguriamo e ci auguriamo per noi e per il futuro dei nostri figli.

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