Il nostro piccolo Psi tra nostalgici e dogmatici
Per una volta voglio parlar male di noi. Lo faccio con tutto l’amore che porto per la nostra famiglia, per la nostra tradizione, per il nostro ormai ridotto popolo. Leggo e rispondo a tutti i commenti che vengono inseriti sull’Avanti, su Facebook, anche su Twitter. E parlo con coloro che la pensano diversamente da me. Mi arrabbio solo con chi offende. Non ne ha alcun diritto. Ho ricavato, anche alla luce dei miei articoli sul Jobs act, dove non propongo, così come non lo presuppone il testo conosciuto della legge delega sull’argomento, la cancellazione dell’articolo 18, ma la riscrittura dell’ordinamento sulle garanzie dei lavoratori tutti, quelli oggi tutelati e quelli, la maggioranza, non tutelati, l’impressione che oltre ai nostalgici coesistano anche i dogmatici.
Parlo spesso della nostra storia. Parlo di Turati, di Matteotti, di Rosselli, di Saragat, di Nenni, di Craxi. Penso che la storia del riformismo socialista e del socialismo liberale sia ancora attuale. Contesto con tutta la mia forza il paradosso italiano. Che consiste nell’avere salvato e addirittura esaltato la storia di chi ha perso, i comunisti, cancellando quella di chi ha vinto, i socialisti. E’ successo anche recentemente con l’Unità di Gramsci e con i ricordi di Berlinguer, dimenticando i nostri. È un’amnesia politica quella italiana. Dovuta a cattiva coscienza. Si sono salvati in questi vent’anni i figli di Berlinguer e sono stati azzoppati, se non ammazzati, i figli (politici) di Craxi.
Però dissento dai compagni che pensano di fare delle nostalgia una politica. La politica la si fa parlando dei problemi degli altri, non dei nostri. Parlando più del futuro che del passato. E prendendo atto anche di ciò che non piace se non si ha la forza di trasformarlo. È evidente che oggi non si può pensare di rifondare il vecchio Psi solo perché noi lo desideriamo. In questi vent’anni è stato tentato di tutto. Se siamo rimasti in un gruppo ristretto non è tanto colpa dei gruppi dirigenti di questo ventennio (che di colpe ne hanno), ma del fatto che la funzione storica del Psi è finita col maggioritario e che due partiti hanno occupato lo spazio tradizionale di una forza socialista e liberale, com’era appunto il vecchio PSI almeno negli anni ottanta e primi novanta.
Da un lato il Pds/Ds/Pd, che ha svolto le funzioni di un partito socialista, dall’altro Forza Italia che ha assunto i caratteri di una forza liberale. Per la verità si potrebbe obiettare che l’uno non è mai stato socialista e l’altro non è mai stato liberale. Ma questo è un giudizio per specialisti più che per elettori. Oggi esiste questo grumo socialista coerente e presente in Parlamento che non va frustrato con nuove scudisciate e accidiose polemiche, o sostituto con improbabili raduni di vecchie glorie. Ma aiutato a vivere meglio, semmai ad essere più incisivo, più coraggioso, più battagliero. Un gruppo, un avamposto, un seme gettato nel futuro.
Poi esistono i dogmatici, quelli che si sono avvicinati più recentemente in nome del socialismo o che hanno subito una sorta di trasformazione chimica. Erano stati nel vecchio Psi, magari sulle posizioni di Craxi, e oggi, anche per rivalsa nei confronti del Pd, son divenuti vetero socialisti, nel senso più deteriore della parola. Cioè settari, chiusi, quasi religiosamente propulsori e difensori di una fede che ci fa ritornare addirittura ai primordi. Se parliamo del mercato del lavoro non si sono accorti del vertice di Lisbona del Pse e della formula della flex security, non si sono accorti del fatto che la Costituente socialista ha ispirato la propria azione a Marco Biagi, non si sono accorti che il Psi ha appoggiato il modello di Pietro Ichino e lo ha invitato ad esporlo al suo congresso costitutivo.
Forse leggono poco, studiano poco. O semplicemente sono attratti dalle parole. Io credo che un socialista italiano sia un antidogmatico per eccellenza, un laico e un riformista che guarda alle cose e non a cosa c’è dietro. Uno che si aggiorna e cambia. Che non processa le intenzioni ma i risultati. Di crociate non ne abbiamo mai promosse. Fatele se credete, ma non dichiaratevi socialisti riformisti. E revisionisti, una qualifica che non è solo il contrario di dogmatici, ma anche di conservatori.
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