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Complesso di colpa

14 Gennaio 2015 1.559 views No CommentStampa questo articolo Stampa questo articolo

Massimo Fini su Il fatto quotidiano, che oggi esce con Charlie Ebdo, ritiene che sia tutta colpa nostra e che abbia ragione Amedy Coulibaly a giustificare il terrorismo come la naturale risposta ai nostri bombardamenti. È una posizione che ho notato esistente anche in altri commentatori e settori politici. Dunque l’Occidente non avrebbe dovuto intervenire in Kuwait dopo l’invasione irachena, sulla base di una decisione assunta dall’Onu, non avrebbe dovuto attaccare i talebani dopo l’11 settembre, nonostante il mandato Onu, non avrebbe dovuto intervenire poi in Iraq, e questo ci può stare, ma neanche a sostegno delle primavere arabe, magari appoggiando i dittatori, e adesso dovrebbe stare ferma e zitta mentre l’Isis massacra yazidi, sciiti e curdi da Mosul a Kobane. Una posizione davvero singolare. Come se queste sette che si nutrono del sangue dei civili, che sparano alla testa dei bambini di famiglia mussulmana a Peshawar, che riempiono di esplosivi tre bambine in Nigeria e che mandano un ragazzino, che sembrava un nostro figlio, con tanto di chioma a caschetto e magari innamorato anche lui di Spider man, a sparare in testa a due prigionieri, altro non fossero che falangi di difesa di un territorio invaso da cupi imperialisti occidentali.

Possiamo anche far finta di non capire o illuderci che basti tirarci fuori da qualsiasi conflitto per vedere estinta questa offensiva di stampo religioso. Possiamo fare come in Algeria e voltarci da un’altra parte lasciando massacrare duecentomila indifesi cittadini in nome di Allah. Possiamo anche lasciare annientare i peshemerga, gli yazidi, gli sciiti iracheni, lasciare che le loro donne vengano prese prigioniere, sfruttate e vendute, che i giornalisti occidentali e i piloti arabi vengano decapitati. Sentendoci magari in pace con la nostra coscienza non interventista. In fondo si tratta pur sempre di rispettare culture e tradizioni diverse, no? Possiamo anche favorire il ritorno dei talebani, resuscitare Saddam e Gheddafi (questo è particolarmente problematico), rimettere al loro posto Ben Ali e Mubarak. E ritirarci a scrutare un avvenire migliore.

Questo non significa che tutto quel che è stato fatto dall’Occidente, quasi sempre in accordo con una parte di paesi arabi, sia stato giusto e opportuno. Non lo è stata la guerra unilaterale all’Iraq sulla base della presenza di inesistenti armi di distruzione di massa, non lo è stata la decisione della Francia di bombardare la Libia, ma forse non lo sono stati neppure i mancati interventi in Siria e prima ancora in Algeria, a sostegno di una popolazione martoriata dal terrorismo islamico e non lo è la nostra indifferenza nei confronti del massacro di Boko Haran in Nigeria. Forse non lo è neppure l’incertezza con la quale stiamo combattendo contro lo stato terroristico dell’Isis. I nostri intellettuali radical chic, se ci rifugiassimo nelle nostre pigre indifferenze, si sentirebbero più in pace con la loro coscienza di occidentali pentiti, incapaci di cogliere che, con tutti i suoi difetti, la nostra civiltà, coi suoi valori di libertà e di laicità non sempre perfetti, è pur sempre migliore non solo del terrorismo islamico, ma anche delle teocrazie e delle dittature. Che questa è una guerra anche di civiltà contro l’inciviltà dell’orrore che ci riporta secoli addietro. Possiamo anche far finta di non capire e di trovare in noi stessi la responsabilità di tanto orrendo crimine che ci sarebbe rispedito, con qualche interesse aggiuntivo, a casa. E finire davvero per diventare anche noi come qualcuno ci dipinge. Ho ascoltato con viva preoccupazione l’intervista televisiva a qualche mussulmano che usciva da una moschea dì Milano. Uno di questi approvava la strage di Charlie Ebdo, senza mezzi termini. Si doveva rispondere col sangue e la morte a chi aveva offeso il suo profeta. Una donna cercava di correggerlo in arabo quasi per non farsi capire e lui di rimando in italiano: “Taci tu che sei una donna…”. Questo a Milano, in pieno Occidente.

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