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La guerra

16 Febbraio 2015 1.524 views No CommentStampa questo articolo Stampa questo articolo

Che l’Europa si senta in guerra con l’Isis dovrebbe essere scontato. Siamo innanzitutto noi europei, come purtroppo confermano i luttuosi recenti episodi danesi, le vittime prescelte del terrorismo islamico, che pare avere due sorgenti, quella tradizionale di Al Qaeda, e quella ben più pericolosa, perché possiede un territorio, dell’Isis. Il problema di fondo è come fronteggiare la guerra. Dobbiamo a mio avviso tenere ben presenti alcune variabili. In primo luogo il ruolo degli Usa. Oggi con Obama pare molto meno orientata a farsi carico dei problemi del mondo. Alcuni danni li ha procurati, dopo la guerra all’Iraq, e l’appoggio incondizionato alle rivoluzioni arabe e l’oscillante atteggiamento sulla Siria. È evidente che dopo la fase bipolare è oggi saltata anche quella unipolare. L’America le castagne dal fuoco all’Europa non le toglie più.

La seconda è il ruolo della Russia, che è parte decisiva perché membro permanente del Consiglio di sicurezza dell’Onu. Con l’attuale drammatica crisi ucraina e con le posizioni assunte dall’Occidente, compresa la minaccia di inviare armi agli ucraini, la Russia, nonostante i buoni rapporti con la Siria, difficilmente può ritrovare un’armonia con gli europei e con gli americani sulla crisi libico-siriano-irachena. Sarebbe dunque necessario arrivare ad un’intesa, che appare però difficile, sulla Crimea, per impegnare l’Onu e la stessa Russia nella guerra all’Isis. Così come risolvere la questione greca, in chiave europeista, faciliterebbe quella fiducia di un paese geograficamente strategico, sia per il suo confine a Sud sia per quello Est.

Infine l’Europa e l’Italia. Inutile nasconderlo. L’Europa militarmente non esiste, come non esiste politicamente, visto che la sua politica estera sulla crisi ucraina è stata gestita da Germania e Francia. Due nazioni, non un continente unito solo dall’euro. Secondo i dati citati quest’oggi da Galli Della Loggia sul Corriere l’Europa “negli ultimi vent’anni ha visto dimezzarsi la sua aviazione tattica, l’artiglieria passare da 40mila pezzi a poco più di 20mila e i suoi tre paesi più popolari, Germania, Francia e Italia schierare insieme solo 770 carri armati. E le altre cifre relative agli armamenti declinare sempre più”. Aggiunge del suo Mario Arpino su Il Resto del Carlino-Nazione-Giorno, a proposito della sicurezza dell’Italia a fronte del possibile attacco di Gheddafi nel 1986: “Capo del governo era Craxi, che da un lato si era imposto (fatti di Sigonella) sull’arroganza americana e, dall’altra, aveva impostato una grande manovra militare per presidiare il sud e le isole. Senza troppi tentennamenti, aveva ordinato di predisporre un’eventuale ritorsione con i nostri tornado”. Oggi l’Italia non dispone di alcuna forma di protezione. Sarà colpa della prima Repubblica?

Non possiamo rimanere fermi. Ma la cosa peggiore è non sapere cosa fare. E lanciare messaggi contraddittori. Vogliamo ingaggiare una guerra all’Isis libica da soli? Vogliamo farla con l’Europa, con la Nato, con l’Onu? Non diciamo stupidaggini. Da soli rischieremmo pure di perderla e per di più di rinverdire i fasti della guerra coloniale del 1911. Con l’Onu, stante l’atteggiamento della Russia, appare per lo meno improbabile. Eppure una Libia in mano all’Isis è una minaccia per l’Europa, e soprattutto per l’Italia. Sarebbe opportuno coinvolgere subito l’intera comunità europea e la Nato in un’operazione militare che non è rinviabile. Anche perché vanno presi sul serio, maledettamente sul serio, i pronunciamenti di attacchi all’Italia da parte di una Libia sempre più dominata dall’Isis. Ma assieme all’Europa e alla Nato dovrebbero essere chiamati in causa anche i paesi arabi, a cominciare da quelli economicamente amici degli Stati uniti, come l’Arabia saudita, e contemporaneamente in combutta col terrorismo, oltre alla Giordania, che si è mossa dopo il truce delitto di uno suo pilota. Perché il nemico dell’Isis è certo l’Occidente cristiano-giudaico, ma anche il medio-oriente mussulmano. E la guerra, non é di religione, ma di civiltà.

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