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I socialisti e il 25 aprile

24 Aprile 2015 1.090 views No CommentStampa questo articolo Stampa questo articolo

Settant’anni sono trascorsi dalla nostra Liberazione. Il 25 aprile è per noi simbolo della ritrovata libertà e dell’inizio dell’era democratica alla quale i socialisti hanno offerto un contributo essenziale. Prima con l’intransigenza di Giacomo Matteotti pagata col suo martirio, poi con l’opera intrapresa durante il regime attraverso l’organizzazione mantenuta nell’esilio parigino da Turati, Rosselli (forse il più attivo nella lotta alla dittatura, fondatore poi di Giustizia e libertà), da Pietro Nenni che congiunse il Psi massimalista al Psuli riformista attraverso l’unificazione del 1931. Poi, ancora, durante la resistenza alla quale un fondamentale ed eroico contributo fu recato da Sandro Pertini, da Corrado Bonfantini, da Giuseppe Saragat.

Se la lotta di resistenza sfociò poi nella battaglia vinta per la Repubblica e la Costituente ciò lo si deve ascrivere soprattuto al ruolo incisivo e intransigente dei socialisti che contrariamente ai comunisti posero la pregiudiziale repubblicana non partecipando per questo al secondo governo Bonomi. È giusto accettare i revisionismi e le letture che da più parti si vanno proponendo della guerra partigiana, ma è giusto altresì riconoscere che i partigiani combattevano dalla parte giusta assieme agli alleati, mentre i fascisti erano dalla parte sbagliata, nonostante i programmi repubblicani e avanzati della Repubblica sociale, cioè dalla parte di Hitler. Ciò nulla toglie al rispetto che si deve per tutti gli italiani che combatterono e morirono per i loro ideali.

Chi combatteva per liberare l’Italia dall’invasione nazista dopo l’8 settembre era altresì legittimato dal governo Badoglio che aveva sottoscritto la fine delle ostilità con gli alleati. Da qui le diverse guerre che, come sostiene lo storico Claudio Pavone nel suo celebre libro “Una guerra civile”, si stavano in realtà combattendo nel centro nord d’Italia. Era infatti in corso un conflitto di legittimità contro un invasore, ma anche una guerra democratica e antifascista, e infine una guerra di classe combattuta soprattuto dai comunisti con proprie organizzazioni partigiane che sognavano, almeno una parte di loro, di sostituire un regime dittatoriale con un altro. I socialisti certamente combatterono le prime due, non la terza.

Furono dalla parte di chi sognava un sol dell’avvenire conciliato con l’affermazione della democrazia repubblicana. Questo durante il regime (anche attraverso il Centro interno di Lelio Basso e Rodolfo Morandi), questo durante la lotta di liberazione, con le brigate Matteotti fondate in larga parte del Nord, questo nel turbolento biennio 1944-1946, dalla liberazione di Roma anticipata dal sangue di Bruno Buozzi ed Eugenio Colorni, fino al referendum repubblicano e alla Costituente, quando il partito socialista divenne il primo della sinistra, col oltre il venti per cento dei voti, sopravanzando inaspettatamente il Pci che ottenne solo il 18.

Sono trascorsi settant’anni e la storia si è sganciata dalla politica. I partiti storici in Italia, e solo in Italia, sono stati tutti spazzati via. E sostituiti da partiti senza identità. Così possiamo parlare dei primi solo quando celebriamo il nostro passato. E lo facciamo quasi sempre per ricordare pagine gloriose, conquiste democratiche e sociali che hanno permesso all’Italia di diventare più moderna e rispettata. Non so cosa si dirà dei nuovi partiti di questo ventennio. Non credo si accetterà l’idea che il confine tra prima e la seconda repubblica, come anche recenti interpretazioni lasciano trasparire, sia stato segnato da un episodio di sommaria giustizia contro la corruzione e il malaffare. Ho l’impressione che quando si avrà il coraggio di processare, politicamente e storicamente, questo secondo ventennio nero, si dovrà finalmente evitare di sostenere che gli errori, e anche le nefandezze di questa nostra epoca, debbano essere attribuite ai vecchi partiti, usciti dalla lotta di liberazione e improvvisamente ritenuti logori vestiti da cambiare con quelli nuovi. La storia merita rispetto.

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