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Il Senato, la democrazia, il governo e il Pd

11 Agosto 2015 1.278 views No CommentStampa questo articolo Stampa questo articolo

Non ci trovo nulla di scandaloso a legiferare su un Senato non eletto direttamente. Com’è noto accade anche per il Bundesrat tedesco e originariamente anche per il Senato italiano fino al 1948. Era il Senato delle onorificenze regie, riservato a uomini che s’erano particolarmente distinti nella politica, nelle scienze, nell’economia nell’educazione. I pardi costituenti concepirono invece una seconda Camera con gli stessi poteri della prima, con l’unica distinzione della sua regola elettiva, prevista in Costituzione, contrariamente a quella della Camera, esplicitamente su base regionale. Il Senato, già nelle intenzioni dei costituenti, avrebbe dovuto dunque meglio rappresentare le istanze dei territori regionali da cui prescindevano invece le norme per l’elezione della Camera dei deputati.

Quel che oggi invece preoccupa è il combinato disposto tra Senato, non più elettivo e Italicum che prevede la nomina della gran parte dei deputati, riservando l’elezione esclusivamente ai non capilista che saranno cento. Dunque per lo più ai deputati del solo partito che supererà i cento, presumibilmente solo alla lista che si aggiudicherà il premio di maggioranza. Aggiungiamo che l’insieme della democrazia, cioè del potere del popolo, viene oggi messa in discussione da un massiccio spostamento di poteri verso le oligarchie, pensiamo alle giunte comunali e regionali nominate dai sindaci e presidenti, pensiamo alle province degli eletti dagli eletti, senza più Consigli, pensiamo nelle amministrazioni ai poteri decisionali, grazie alla Bassanini, passati dai politici ai dirigenti, pensiamo all’abolizione delle circoscrizioni come enti elettivi nelle città con meno di 250mila abitanti.

Ma pensiamo soprattutto ad altri due elementi ancora più preoccupanti: la crisi, anzi la fine, dei partiti e l’esclusivo spostamento del confronto politico sui mezzi di informazione, soprattutto televisiva. I partiti italiani, previsti e tutelati, e dev’essere un caso unico, nel dettato costituzionale, hanno per decenni pienamente assunto, ricorrendo anche a forme di sostegno illegittimo, ad una funzione di unità del paese, di educazione delle masse, di promozione sociale. Oggi, i pochi rimasti in piedi, non assolvono più ad alcuna funzione. Il caso del Pd è emblematico. Le primarie aperte per la scelta dei segretari e dei candidati hanno azzerato ogni potere dell’iscritto uniformandolo a quello del non iscritto. I congressi sono generalmente sostituiti da convenzioni, mentre regge nel partito di Forza Italia, oggi allo sfascio, la forma del partito all’incontrario dove è il vertice che elegge la base.

I partiti di tradizione e di identità solo in Italia sono scomparsi o quasi e vengono sostituiti da sigle gestite da capi che i cittadini individuano come unici depositari di una posizione politica. Il confronto è sempre più tra nomi. Tanto che Salvini ha operato la più profonda trasformazione del suo partito, da secessionista a nazionalista, nella più assoluta indifferenza dei suoi. Se vi è un vistoso spostamento di poteri dal popolo al decisore di scelte politiche e di nomine (dei deputati, dei senatori, degli assessori, degli enti nazionali, regionali, locali) in un nuovo assetto che dalla democrazia oggi sconfina nell’oligarchia, sostituendo il potere del popolo al potere del capo, con la scomparsa dei partiti e delle loro funzioni tradizionali, ma anche dei loro organi e delle loro strutture periferiche, municipali, frazionali, perfino di caseggiato, si è aperta da diversi anni ormai la fase di una sorta di dittatura dell’informazione. Sempre nella solita forma del capo che decide, generalmente i decisori qui sono i conduttori, in pochi salotti televisivi si condizionano gran parte delle sorti elettorali dei partiti o liste o movimenti politici. Basta un invito o un mancato invito per cambiare l’esito di un sondaggio. Ma chi controlla chi detiene questo enorme potere sono gli stessi che si possono avvantaggiare dalla frequentazione di questi spazi. La commissione di vigilanza, che peraltro riguarda solo la Rai, da chi è composta infatti?

Si potrà aggiungere che in epoca di Internet, di social network, di mailing list, la libertà di esprimere opinioni si è dilatata. E’ vero, ma anche l’esempio dei Cinque stelle, che sono nati grazie alla rete, dimostra che senza un riscontro con le reti televisive anche il web fa fatica a tenere. Nuovi personaggi del movimento di Grillo sono stati conosciuti, e taluni anche apprezzati, grazie alla presenza nei talk show televisivi. I social sono concepiti infatti più come occasione per manifestare dissenso, spesso anche rabbia e ira, per dire sì o no, non certo per affrontare un ragionamento o per svolgere un approfondimento. Come suggeriva Popper a proposito del ruolo della televisione non può esistere una libertà senza regole, perché altrimenti si rischia di generare una informazione sbagliata. Tutto questo sento il dovere di sottolineare mentre si parla del solo Senato e della sua elezione, nomina, addirittura semielezione. E’ evidente che Renzi cercherà, e secondo me ci riuscirà, di sostituire i molti voti mancanti del suo partito con soccorsi di diverso fronte, rossi, bianchi e Verdini. La minoranza dem dovrà prendere atto della sua marginalità e credo che prima o poi almeno una parte sarà indotta a seguire Fassina e Civati. Il Psi dovrebbe aprire una grande questione sulla democrazia, seguire gli intendimenti di Buemi, puntare a un’alleanza con tutte le forze che intendono cambiare l’Italicum. Poi alzare il tiro e guardare oltre. Il cielo, non il dito.

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