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Bauman e la crisi della sinistra

15 Febbraio 2016 1.138 views No CommentStampa questo articolo Stampa questo articolo

Ha ragione Zygmund Bauman, il teorico della società liquida quando, in una recente intervista a L’Espresso, parla di interregno e anche di carnevale della democrazia. Lo fa riferendosi a forme di partecipazione democratica che appartenevano al vecchio sistema e alla mancanza di nuove (sotto la sua lente critica finisce l’uso della rete, che spesso erige nuove barriere producendo nuove solitudini) in un contesto dominato dalla globalizzazione e dall’interdipendenza delle cause e degli effetti delle decisioni. Se una volta un governo sviluppava una scelta questa dipendeva solo dalla sua volontà e i suoi effetti si determinavano solo su scala nazionale. Oggi qualsiasi decisione è condizionata da poteri esterni, sovranazionali, finanziari, di mercato e di borsa, e finisce a sua volta per condizionarli superando le tradizionali barriere. In questo senso siamo in un interregno. Cioè in una fase di trapasso. Con compiti e poteri nuovi e regole vecchie.

Le proteste sono spesso “carnevalate in maschera” perché ognuno parte da esigenze e prospettive diverse e non compatibili. Ma il cui unico denominatore è costituito dall’incapacità dei governi di tener fede alle promesse elettorali che non saranno poi realizzate a causa di condizionamenti esterni. La protesta dipende da una forma di tradimento, dunque. Un tradimento però dovuto alla sostanziale impotenza dei governi. È tutto vero, ma resta il fatto che la capacità di un leader politico, di un partito o di una coalizione, questo modestamente obietto a Bauman, non si rivela dalla sua propensione a formulare proposte che poi, una volta al governo, non riuscirà a realizzare, ma semmai proprio dalla sua intelligenza di elaborare proposte realizzabili, tenendo presente proprio quei condizionamenti.

Bauman non scopre nuove onde gravitazionali. Ma sistema in un ragionamento quel che era già chiaro. Così come la sua rivelazione che destra e sinistra oggi hanno perso molto del loro valore non è la scoperta dell’America. Giustamente egli attribuisce alla sinistra il valore storico della giustizia sociale. Ma credo che la nostra esperienza, soprattutto quella più fertile degli anni ottanta, ci abbia insegnato che non solo la giustizia sociale, poi vedremo come coniugarla ai tempi della globalizzazione e della supremazia della finanza, ma anche la libertà deve essere valore fondativo a sinistra, e non più, come lo considerava Norberto Bobbio, un tipico ideale della destra. Dunque non è giusto, come fa Bauman, sottolineare che il tema dei matrimoni gay e dei nuovi diritti non appartiene alla sinistra. Naturalmente si tratta di riflettere di quale sinistra parliamo.

Oggi non esiste più il classico conflitto tra sinistra comunista e sinistra socialdemocratica e libertaria. Il comunismo non esiste praticamente più e nel più grande paese in cui sopravvive coesiste paradossalmente col capitalismo più sfrenato. La questione che anche oggi si affaccia, però, è quella dello storico contrasto tra riformismo e massimalismo che va oggi certamente riformulata. Non più come conflitto tra rivoluzione e riforme. Ma come alternativa tra riformismo revisionista e pragmatico e massimalismo dogmatico e parolaio. Questo contrasto lo si può scorgere proprio alla luce delle risposte che si intendono dare alla crisi. Io penso, e questo ho sostenuto alla nostra conferenza programmatica, che proprio la crisi, pensiamo a quella della finanza pubblica e alla stessa incapacità della nostra società di dare risposta all’esigenza di occupazione in senso tradizionale, ci spinga a individuare nuovi assetti fondati sul rapporto tra pubblico e privato e che sempre meno lo stato dovrà essere chiamato a gestire, ma sempre di più dovrà coordinare, incentivare, governare. Questo riguarda anche i mercati e soprattuto quelli finanziari, dove la mancanza di regole porta alla più insostenibile delle ingiustizie: chi ha denaro lo può moltiplicare anche a spese di chi non ne ha o ne ha poco. È il ricco che diventa sempre più ricco e il povero sempre più povero. Il contrario del nostro socialismo umanitario.

Oggi la sinistra riformista deve essere necessariamente revisionista e lasciare perdere le vecchie teorie del passato e innanzitutto questa idea dello statalismo e del pubblico come superiore al privato. Non è detto che sia vero il contrario, e per contrastare la stessa idea del liberismo spinto, occorre che alla dimensione pubblica, dunque alla stessa politica, si attribuisca sempre più il ruolo di governo, per intervenire, legiferare, equilibrare. Non è detto che gestire di meno e governare di più sia più facile e meno impegnativo. Anzi è vero il contrario, perché questo ruolo porta a comprendere, a selezionare, a verificare, dunque ad usare di più l’intelligenza e la creatività. Di fronte ai grandi temi del nostro tempo, dalla disoccupazione alla guerra, occorre un atteggiamento razionale, laico, concreto. Evitare, ad esempio, gli slogan del passato che inneggiano, come fanno i massimalisti dogmatici, alla difesa dei diritti e alla pace. Cose ottime, sia ben chiaro. Ma che possono produrre esattamente il loro contrario.

Nella società duale difendere solo i diritti di chi è già occupato rischia di produrre inevitabilmente la compressione di quelli dei non occupati. Anche perché il futuro non ci riserverà una società della piena occupazione. E il lavoro va creato laddove non c’è, e in questo senso la rete sta iniziando ad offrire nuove opportunità. Lo sviluppo è condizione essenziale per la giustizia sociale. E incentivarlo in ogni modo è di per sé tema di sinistra. È la base per costruire giustizia sociale. La difesa della pace in assoluto può produrre guerre più vaste e nefaste. E anche mancata solidarieta con chi ne combatte una dalla parte giusta. Alle parole d’ordine la sinistra riformista, revisionista e pragmatica oppone ragionamenti, soluzioni possibili e utili, sempre uno sguardo sulle conseguenze. La sinistra massimalista e parolaia le contrasta rispolverando slogan che spesso producono quelle delusioni, vedasi la vicenda Tsipras, che Bauman non a caso ricorda nell’intervista, e che a loro volta possono generare pericolosi sbandamenti. La sinistra riformista deve avere il dono della verità. Quella massimalista si perde proprio nel mare delle promesse.

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