Sandro Gasparini, l’indomabile
Credo di averlo conosciuto bene Sandro Gasparini, di professione inventore. Se n’è andato per sempre dopo una grave e breve malattia. Era dotato d’ingegno e di forza di carattere, come tutti gli inventori. Quelli che creano mondi nuovi. Sandro creò per primo, assieme a Daniele Piombi, il Premio del paroliere, dedicato alla canzone d’autore. Una rassegna che portò a Reggio il meglio della poesia e della musica italiana. Da Mogol, a Migliacci, a Bigazzi fino a Gaber, Paoli e Lauzi, e con loro Renzo Arbore. Perché il premio si allargò anche alle orchestre e ai grandi cantautori europei. Ricordo tra i tanti Ennio Morricone e Charles Aznavour. Sandro alla fine, mentre il suo amico Daniele fece fortuna col Premio regia televisiva, non ci guadagnò una lira. Inventò con Marcella Bella e poi Callegari, mentre montava la febbre del sabato sera, la più grande discoteca dell’Emilia, forse del nord, il Marabù, che aprì i battenti nel 1977 e che ospitò i grandi cantanti italiani e stranieri, da Fabrizio De Andrè a Grace Jones. E accompagnò la crescita di generazioni di reggiani intenti a scoprire il ballo e le ragazze. Quando chiuse i battenti, sull’onda della promozione dei grandi concerti negli stadi e nei palazzi dello sport, nonché dei pub per gli incontri serali, Sandro lo vidi piangere. Non si rassegnava alla vendita di quello stabile e di quell’area. Pasticciò e litigò coi suoi soci. Credo che alla fine ci abbia anche rimesso dei soldi. Infine la sua attività editoriale con la casa editrice Olma che pubblicava il mensile reggiano Tuttoreggio e per un periodo il Forza Reggiana col figlio Alessandro. Prima ancora aveva creato la Strenna del banchiere (era dipendente della Banca agricola commerciale, poi si licenziò) e poi il mensile di costume Reggionotte. Sono pochi i giornalisti reggiani che non sono passati dalle sue grinfie. Che non hanno sorbito le sue urla, i suoi gemiti. Che non lo hanno visto con le forbici in mano a tagliuzzare fotografie e articoli, d’estate a dorso nudo nella sua sede di via Gran Sasso, sudato, agitato, preso da fremiti e da impulsi anomali. Che non lo hanno sentito litigare coi tipografi e poi offrire il caffé a tutti. Autentico, come tutti i creativi. Quando si litigava lo si faceva senza ritegno. E poi ciccia e via a scrivere e a progettare. Mi raccontò che una volta non aveva un soldo (come in quasi tutta la vita) e inventò il premio alla migliore vetrina reggiana. Parteciparono in tanti. E lui poté partire per le ferie a Cesenatico. Col necessario, grazie alle vetrine. Che bisogno c’era di un posto fisso? Lui l’aveva, caro Zalone, e non lo sopportava. Meglio una vita spericolata. Indomabile. Alla Sandro Gasparini. Ottantatré anni senza mai sentirli.
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