Democrazia pedofila
Chissà perché gli italiani amano i partiti neo nati. Una volta diffidavano fortemente degli ultimi arrivati. Volevamo tastarli e provarli, poi generalmente li buttavano via. Accadde anche a partiti che avevano avuto un qualche peso e significato come il Partito d’azione nell’immediato dopoguerra o l’Uomo qualunque di Giannini. Anche in seguito gli italiani diffidavano dei neo nati, tanto che i radicali per entrare in Parlamento impiegarono vent’anni, mentre il Manifesto, il Pdup e altre sigle di quella sinistra estrema ed extraparlamentare che aveva fatto centro sui giovani, rimasero quasi sempre fuori. Gli italiani adoravano i partiti storici, ereditati spesso dal padre e dal nonno. Abbandonarli significava non solo tradire un partito, ma anche una tradizione secolare.
Il primo partito neonato a fare centro fu la Lega, prima Lombarda e poi Nord, e il suo successo si inquadra nelle grandi trasformazioni, epocali, del panorama politico europeo e mondiale, alla fine del comunismo, alla possibilità di votare senza turarsi il naso e alla contestuale protesta verso la politica e Roma ladrona. La Lega fu il primo prodotto italiano della caduta del Muro e della fine del conflitto ideologico che soprattutto in Italia era stato tanto vigoroso e anche allarmante. La presenza del più forte partito comunista dell’Occidente, la particolare collocazione dell’Italia come paese di confine tra il mondo occidentale e quello comunista, la sua proiezione in faccia al conflitto arabo-palestinese, che avevano generato gli anni di piombo e le stragi terroristiche, si trovarono d’un tratto relegate nella soffitta dei ricordi.
Grave errore quello della classe politica di allora fu non accorgersene e pensare che l’ottantanove riguardasse solo il Pci, che era obbligato ad accorgersene e cambiò nome, cognome e indirizzo, nell’indifferenza degli altri. Ricordo l’incauto Andreotti recitare alla Camera con un misto di ironia e di cinismo: “E’ bello assistere a questi profondi cambiamenti in casa d’altri”. Con Mani pulite si dovettero accorgere che la cosa riguardava anche gli altri. Anzi, soprattutto gli altri, perché l’iniziativa giudiziaria era la naturale conseguenza del lavoro iniziato tre anni prima dalla Lega per delegittimare la classe politica italiana e aveva per questo bisogno di appoggi politici che trovò proprio nell’ex Pci, divenuto Pds, e nel Msi, in procinto di divenire An. I referendum Segni furono il terzo grimaldello, dopo quello della Lega e di Mani pulite, e il sistema saltò.
Son passati oltre due decenni da allora e oggi un nuovo movimento, con moderne caratteristiche informatiche, ha fatto il pieno. Il movimento Cinque stelle, metà democrazia diretta e metà centralismo neostalinista, altro non è, verso quest’ultimo ventennio, che quel che la prima la Lega e poi Mani pulite rappresentarono verso il quasi cinquantennio repubblicano. E’ il neo nato partito che intende mettere sul banco degli accusati i partiti neo nati dopo il 1992. Se questi ultimi sono la conseguenza della fine dell’epoca dei partiti storici, i Cinque stelle rappresentano l’effetto dei disastri dei partiti nati vent’anni fa. Ecco perché è necessaria una svolta.
Noi che siamo sopravvissuti alla fine dei partiti storici con molta fatica e con consistenza esigua, non portiamo alcuna responsabilità di questo ultraventennale fallimento, e forse veniamo oggi accreditati del bene che la cosiddetta prima Repubblica aveva saputo assicurare al nostro Paese, ma non possiamo fornire la ricetta del semplice ritorno a vent’anni orsono. Per questo l’idea di un nuovo soggetto, o polo, che associ identità affini e non solo interessi elettorali, come avviene tutt’ora, può costituire una risposta innovativa e interessante. La cultura rinnovata socialista e liberale al servizio dell’Italia che va alla deriva potrebbe essere un utile e non banale accorgimento in funzione di una terza repubblica dalle nuove identità. Che si allontani dalla partitocrazia gerontocratica del quasi cinquantennio caratterizzata da identità imbalsamate e da quella pedofila dell’ultimo ultraventennio segnata dalla assenza assoluta di qualsiasi identità.
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