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L’Avanti saluta il vecchio direttore Giovanni Pieraccini

18 Luglio 2017 765 views No CommentStampa questo articolo Stampa questo articolo

Se n’é dunque andato anche Giovanni Pieraccini, l’ultimo superstite del vecchio Psi costruito in clandestinità, l’ultimo dirigente socialista del primo dopoguerra. Pieraccini era nato a Viareggio nel 1918 e aveva quasi 99 anni. Piccolo, smilzo, spesso con baffetti e occhiali, in molti lo ricordano come ministro dei Lavori Pubblici nel primo governo organico di centro-sinistra che prese piede nel gennaio del 1964 con Moro alla presidenza e Nenni suo vice. Ma qui vogliamo ricordarlo soprattutto come direttore dell’Avanti. Ne assunse la guida dopo il Congresso di Napoli del 1959, che gli autonomisti di Nenni vinsero ribaltando a loro favore i rapporti di forza che si erano ambiguamente determinati a Venezia due anni prima.

Pieraccini, autonomista e nenniano dalla svolta del 1956, era già stato esponente anti frontista e al congresso di Genova dell’estate del 1948 fu tra i firmatari della mozione di Riscossa socialista che con Pertini e Lombardi mise in minoranza lo stesso Nenni, assieme a Basso e Morandi. La sua direzione dell’Avanti attraversò il difficile e contrastato percorso che porterà lui e il Psi al governo del Paese. Se a Venezia Nenni aveva lanciato la politica dell’autonomia socialista ipotizzando quella riunificazione con Saragat impostata nell’incontro di Pralognan, ma era stato stoppato dalla sinistra interna che al momento del voto aveva organizzato un maggior numero di preferenze per i suoi nell’elezione a scrutinio segreto del Comitato centrale, a Napoli il Psi aveva affrontato il congresso dividendosi in tre mozioni: quella nenniana, quella della sinistra, quella presentata da Lelio Basso. E i nenniani, proponendo l’alternativa democratica, ebbero la meglio.

Il percorso si rese particolarmente accidentato dopo l’avvento del governo Tambroni che anziché aprire ai socialisti, come aveva suggerito il presidente della Repubblica Gronchi, si trovò ad accettare i voti del Msi. Gli incidenti, compresi quelli gravissimi di Reggio Emilia, determinarono la svolta. L’Avanti di Pieraccini fu in prima linea, solidarizzando con le vittime, chiedendo le dimissioni del governo nero, illuminando un percorso di apertura a sinistra. L’ex dossettiano Amintore Fanfani guidò, prima, il governo delle convergenze parallele, con il Psi e i monarchici che da fronti opposti resero possibile la formazione dell’esecutivo, e l’anno dopo capeggiò il primo governo di centro-sinistra non organico, retto dalla sola astensione del Psi. Fu quello il governo delle riforme (nazionalizzazione dell’energia elettrica, riforma della scuola media, riforma agraria, e altro ancora). Poi le elezioni del 1963 che punirono Dc e Psi (premiando il Pli di Malagoli che aveva contestato la “pericolosa” svolta a sinistra della Dc) e l’avvento di Moro e del governo di centro-sinistra coi socialisti nell’esecutivo e l’Avanti che titolava “Da oggi ognuno é più libero”. Compresi i socialisti filo comunisti che lasciarono il Psi fondando il Psiup.

Pieraccini fu ministro del Bilancio nel secondo governo Moro che sorse dopo il presunto tentativo di colpo di stato del Sifar nell’estate. Nenni avvertì un tintinnio di sciabole, la sinistra lombardiana, invece, preferì abbandonare l’esecutivo pur votando la fiducia, e Giolitti fu indotto a rifiutare il dicastero poi assegnato appunto a Pieraccini. Quest’ultimo sarà poi anche ministro della Marina mercantile e della Ricerca scientifica. Poi, negli anni settanta, il suo abbandono della politica attiva e il ripiegamento verso incarichi economici e culturali. Valorizzando soprattutto la sua Viareggio, dove Pieraccini contribuì con donazioni e iniziative molteplici alla nascita del museo di opere contemporanee di artisti italiani e stranieri. La sua sensibilità in chiave artistica lo aveva reso promotore della nascita, nel 1886, di Roma-Europa Festival, assieme a Jean Marie Drot dell’accademia di Francia. Peraccini divenne collezionista e promotore di mostre di grandi pittori. Quando, naturalmente, politica e cultura erano strettamente legate. Tanto che da un dirigente politico, nonché uomo di governo, poteva nascere un promotore e diffusore di arte. Che tempi…

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