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Il pentimento di Di Pietro e l’errore di Bobo

9 Ottobre 2017 616 views No CommentStampa questo articolo Stampa questo articolo

Vorrei essere capito e parto da una premessa. Gli errori o i meriti dei padri non ricadono sui figli. Figurarsi i convincimenti. Bobo non è Bettino e può pensarla come vuole. Anzi, sarebbe ora che anche lui si affrancasse dal cognome che porta. Lo ha penalizzato o avvantaggiato in questi vent’anni? E aggiungo che è bene che ognuno compia le scelte che ritiene giuste, e anche opportune. Non sono uno che si scandalizza se un uomo politico cerca una poltrona. La politica senza poltrone è roba da testimoni di Geova. Un partito senza parlamentari è senza voce. E infine personalmente penso che se uno della nostra vecchia famiglia riesce a rinascere non é un male per tutta la famiglia, se con essa, però, il rinato mantiene un tracciato di continuità.

Punto, però. Ho sempre sviluppato, in questo ventennio nero, un rapporto di amicizia con Bobo. Mi hanno unito a lui non solo le nostre tragedie, ma anche le passioni per la musica e per il calcio, una certa innata ironia nel commentare le cose del mondo e spesso le scelte politiche, l’adesione allo Sdi nel 1998, del quale Bobo fu candidato alle Europee, la nascita della Lega socialista e l’adesione al Nuovo Psi dopo la morte di Bettino, l’iscrizione al Partito radicale e l’amicizia con Marco Pannella, l’adesione entusiasta alla Costituente socialista nel 2007. Mi hanno distinto da lui, e spesso l’ho raccomandato in senso opposto, una certa idea dell’appartenenza a una comunità, che in lui é stata accidentata, spesso caratterizzata da un percorso fatto di separazioni e rientri, che risultano un po’ troppo frequenti. Niente di drammatico in un sistema politico in cui il cambio di casacca é all’ordine del giorno. Ma fossi stato in Bobo avrei calibrato meglio i miei atteggiamenti.

Dunque alla polemica pubblica sull’adesione congiunta di Di Pietro e Bobo Craxi al progetto dalemiano dell’Mdp, coi cosiddetti Socialisti in movimento che hanno contratto un patto dopo un incontro con Stumpo, Speranza e Rossi, Bobo ha risposto che su Tangentopoli lui non ha cambiato idea e che Di Pietro invece si presenta come “un pentito”. Bobo poteva trovare un argomento più convincente. Nell’intervista più volte citata Di Pietro pronuncia infatti queste parole: “Nella mia attività di magistrato ritengo di aver fatto il mio dovere e non ho da sentirmi colpevole. Anche l’inchiesta Mani Pulite non la rinnego, rifarei oggi tutto quanto feci allora”. A ben leggere il simbolo di Mani pulite più che mettere sotto processo la sua attività di magistrato (al Pool Mani pulite rimprovera implicitamente molte cose e su queste si basa la decisione del Psi d presentare una proposta di legge per la Commissione d’inchiesta), boccia clamorosamente la sua successiva attività politica.

Basta questo a Bobo per seppellire 25 anni di duri e a volte anche dolorosissimi contrasti? Basta per una coabitazione nella stessa area politica? Ritiene davvero che questo connubio tra Di Pietro e gli ex comunisti possa essere una minestra digeribile? Vorrei sentirglielo dire perché non credo possa essere convinto neppure lui. Intanto noi cercheremo, se passerà il Mullerattam, di costruire una lista che, assieme ad altri, possa superare lo sbarramento del 3 per cento (con un emendamento lo sbarramento potrebbe essere richiesto solo in tre regioni). Vedremo i progetti della Bonino e di Pisapia. Cercheremo di contribuire alla formazione di un polo all’interno dello schieramento di centro-sinistra, con un programma riformista e liberale. Di questo dovremo parlare e su questo confrontarci nei prossimo giorni. Con tre pregiudiziali. Non potremo fare accordi col centro-destra, coi grillini, ma neanche con… Di Pietro. Almeno noi.

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