Avanti popolo
Non ho ben capito dove siano. Se in un cunicolo cieco di un sottoscala o in un’ariosa stanza di palazzo. Ma é lì che pare si decidano i destini dell’Italia. Altro che trasparenza, altro che diretta streaming. Sono dieci giorni che i due dell’Apocalisse col contorno di scudieri e di alabarde stanno discutendo e dividendo posti e lanciando candidature alla guida del loro governo con l’obbligo di far da garante al loro programma. Lasciamo per un momento in disparte la questione che da giorni espongo e che oggi riprende da par suo sul Corriere Antonio Polito, e cioè quella relativa al capovolgimento della prassi costituzionale in materia di designazione di un presidente del Consiglio. Ma il popolo italiano che ne pensa di questa nuova forma di teatrino muto?
Un bravo e simpatico economista rivela di essere stato contattato per fare il presidente del Consiglio, non dal presidente della Repubblica, ma dal duo Salvi-Dima, poi si lamenta perché la proposta é stata ritirata. Poco dopo esce una bozza di contratto (chiamiamolo pure cosi) dove si pretende che l’Europa ci abbuoni 250 miliardi, si minaccia l’uscita dall’euro, si annullano i provvedimenti contro Putin in barba agli accordi internazionali e altro ancora. La reazione immediata dei mercati porta a un ribasso del tre per cento della Borsa di Milano e ad un aumento vertiginoso dello spreed. Candidamente gli scudieri con le alabarde sentenziano che i soldi vanno trovati se si vuole poi realizzare il programma da libro dei sogni della coppia.
Da stropicciarsi gli occhi. Da temere per il nostro futuro un destino nefasto. All’estero ho il vago sospetto che ci abbiano preso per matti. Già il carattere degli italiani, tra pizza, spaghetti e serenate, non ha mai rasentato la serietà. Leggendo i giornali stranieri vengono i brividi. Parlano di un governo dei barbari, del primo governo populista europeo. Quel che si finge di non capire é che il duo Dima-ini continua a fare i conti senza l’oste. Anzi senza due osti. Il primo è Mattarella che non ha nessuna intenzione di fungere da notaio. L’ha ricordato a proposito del comportamento tenuto da Einaudi dopo le elezioni del 1953, quando fu il presidente e non la Dc a incaricare Giovanni Pella. Il secondo è costituito dall’intreccio tra meccanismi della globalizzazione e vincoli europei.
Non scherziamo per favore su questo. Noi non siamo né padroni della nostra moneta, né del nostro debito. Questi due elementi pesano come macigni sui provvedimenti del governo italiano e ne condizionano in premessa la portata. Si può uscire dall’euro, non dalla globalizzazione. Ma uscendo dall’euro si dovrebbe poi fare i conti con le inevitabili conseguenze che si riverserebbero sul nostro debito, il più alto dopo quella della Grecia e che non ci appartiene se non in parte. Ma se si decide di stare nell’euro non si può fare come se fossimo fuori. Ci sono comportamenti inevitabili. Si può volere più Europa politica, meno sovranità statali, più sviluppo e meno rigore, più equità nella ripartizione dei migranti, un’unica politica economica, della difesa ed estera, questo si può, anzi si deve volere. Ma dare l’impressione che l’Italia se ne infischi e che da oggi proceda per conto suo non è solo sbagliato e pericoloso, è anche impossibile. Il popolo ha votato, si dirà. E’ vero. Capita anche di sbagliare voto. Ho l’impressione che qualcuno si stia mangiando la…. matita. Se non oggi tra un po’ succederà. Quando gli italiani ci sbatteranno il naso, come San Tommaso. I salvatori di Barabba erano tanti.
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