La pacchia
Per il nuovo ministro dell’Interno Matteo Salvini la pacchia é finita. Non si riferiva agli evasori, né ai trafficanti di droga e nemmeno ai criminali che abbondano nelle nostre città e non sono certo tutti africani. No, si riferiva ai migranti che fuggono dalla fame e dalla guerra per cercare un luogo dove vivere decentemente. Per loro la pacchia sarebbe finita. Purtroppo é invece finita la vita al giovane sindacalista proveniente dal Mali che in Calabria difendeva i diritti di tanti poveracci che provengono dalla Nigeria, dallo Yemen, dal Sudan e sono costretti a lavorare dieci, dodici ore al giorno nei campi del Sud Italia, sottopagati e accolti in baracche di metallo arrugginito.
Se si vuole lottare contro l’illegalità e i crimini Salvini ci troverà dalla sua parte, ma se la sua repressione si estenderà verso gli immigrati che lavorano, sappia che più cha far finire la pacchia bisognerebbe far finire lo sfruttamento e il guadagno facile di qualche italiano parassita che usa forme di caporalato. Se si intende fermare qualche organizzazione umanitaria in combutta con enti che speculano sui migranti, ci troverà dalla sua parte, ma se intende mettere in discussione il sacro diritto alla vita e la necessità di salvare tanti uomini, donne e bambini, che vogliono raggiungere il nostro paese, sottraendoli ai flutti marini, noi saremo fieramente dalla parte opposta della barricata. Se ci si muoverà per smascherare qualche cooperativa o ente privato che lucra sui migranti per procurarsi un illecito guadagno, noi lo sosterremo, ma se l’obiettivo è quello di impedire ai migranti di avere ospitalità, vitto e alloggio, se si intende trattarli come se non fossero persone, noi saremmo decisamente dall’altra parte.
Se si intende rimpatriare gli irregolari, lo dice la parola, come non essere d’accordo, ma se si vuole rimandarli nei paesi d’origine occorre che queste nazioni siano disponibili a riaccoglierli e dunque bisogna sviluppare quei patti che gia il ministro Minniti aveva lanciato e in parte sottoscritto. Se si vigilerà affinché i migranti che ospitiamo nei nostri alberghi non vivano nell’ozio, ma si rendano utili lavorando per la comunità che li ospita, sappia che noi questo da tempo abbiamo suggerito, ma se si vuole rimandarli, anche quelli che sono in attesa di rimpatrio, in nuovi campi profughi, che peraltro si contestano anche per i rom, noi ci opporremo nel modo più risoluto. Se si propone una linea che non sia passiva rispetto ai valori che vengono praticati nelle famiglie musulmane, spesso in conflitto con quelli della nostra Costituzione, dell’uguaglianza dei sessi, della possibilità di un figlio di scegliersi una compagna o una moglie, di praticare una religione diversa o nessuna religione, noi per primi questo abbiamo sollecitato e non potremo che sostenerlo, ma se si intende negare ai musulmani come a chiunque altro di affermare la loro fede e di farlo in edifici adeguati al culto, sia pur controllati e vigilati, noi ci troveremo attestati sulla posizione opposta, in difesa, come i socialisti sono sempre stati, della libertà di tutti.
Nessun processo alle intenzioni dunque ma l’impressione, che pare perfino ovvia, è che il governo, col ruoln centrale di Salvini, si attesterà sulla posizioni della destra europea e il suo sguardo verso Orban, il presidente ungherese dei fili spinati ma anche del giro di vite sulla libertà di stampa, lo testimonia e preoccupa alquanto, forse ancor di più dei suoi storici rapporti con la Le Pen. L’estrema destra xenofoba esiste in tutta Europa, anche in Germania, dove al governo non c’è la sinistra ma la Merkel sia pure in coabitazione con l’Spd. Il caso italiano sarà studiato e seguito ovunque come un primo tassello del governo della destra (i Cinque stelle paiono quasi degli intrusi) che si é radicata nella nazione più esposta, candidandosi a praticare le nuove teorie dell’intolleranza e del nazionalismo estremo. A questo dobbiamo essere preparati. Il governo che oggi ha ottenuto la fiducia al Senato sarà un nervo scoperto per l’Italia e l’Europa democratica, civile, liberale, progressista.
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