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Lega ladrona

21 Settembre 2018 535 views No CommentStampa questo articolo Stampa questo articolo

Dicevano “Roma ladrona” e hanno guadagnato consensi. Oggi devono restituire 49 milioni di euro allo Stato perché messi in tasca indebitamente e dobbiamo cambiare il soggetto. Resta però l’aggettivo. E se per Roma si intende lo Stato da predatore indebito oggi diventa la vittima da risarcire. C’era un tempo, ma forse non giova nemmeno ricordarlo, in cui per molto meno sono stati inquisiti, arrestati, condannati dirigenti politici e sepolti partiti in nome di una questione morale che Luciano Cafagna, nel suo acuto libro intitolato “La grande slavina”, definiva questione politica. Non é che si scatenò una rivoluzione giudiziaria popolare per ripulsione al metodo delle tangenti che tutti conoscevano alla perfezione, i magistrati per primi.

Si scatenò un’ira generalizzata contro un sistema di partiti, alla luce dei grandi cambiamenti dell’89 che annullavano le giustificazioni politiche soprattutto del sistema italiano. E la Lega fu il primo frutto di quella stagione, agitando l’emergenza della questione fiscale e di un Nord che era chiamato a mantenere il resto del Paese. Roma era ladrona già prima dì Tangentopoli per i seguaci di Bossi, che nel 1990 si espansero in tutto il Nord e nel 1992 entrarono a decine in Parlamento. Il Pool Mani pulite seguì e si appropriò di una rivoluzione che era già in corso. La orientò su alcuni partiti e non su altri. La gestì a suon di carcerazioni preventive illegali usate a fini di confessione.

Così la Lega si trovò al governo, prima col Berlusconi 1, poi, dopo la crisi del 1994 e il Prodi 1, ancora con Berlusconi tra il 2001 e il 2006 e tra il 2008 e il 2011. Così da divenire partito di governo e di potere. Ben dentro una Roma che evidentemente in quanto a ladrocinio deve averla parecchio contagiata. Le vicende relative alla gestione Bossi-Belsito, con tanto di favori al Trota e di soldi spariti e alcuni investiti in diamanti, sono arcinote. Restano due inoppugnabili verità. La prima è relativa al trattamento di favore sul dilazionamento del debito, quella paradossale diluzione in quasi ottant’anni che fa venire in mente il metodo Lotito applicato alla sua Lazio. Solo che in quest’ultimo caso il lesto presidente della società romana era andato alla ricerca di un cavillo legislativo che la permetteva, e che poi venne soppresso, i magistrati oggi applicano invece una cortese soluzione in nome di una evidente subordinazione al potere politico.

Ovvio che questo, d’ora in poi, dovrà valere per tutti, partiti, aziende, cittadini e siccome il dilazionamento pare applicato senza interessi, forse rubare molto potrebbe anche risultare parecchio conveniente. Ma c’è una seconda triste verità. I 49 milioni che la Lega deve allo Stato equivalgono quasi all’intera cosiddetta maxi tangente Enimont (parlarono di ben cento miliardi di lire) che doveva servire per alimentare le casse di tutti i partiti e di molti esponenti politici. Fu, quella, alla base dell’esplosione del vecchio sistema politico, dei processi Cusani in diretta televisiva, della chiamata a correo dei leader democratici, dell’elevazione di Di Pietro a mito purificatore. Oggi, per la stessa cifra arrivata ad un solo partito e sparita, non succede nulla. Non solo ministri, segretari, sottosegretari e parlamentari se la godono tranquilli, ma il loro partito raddoppia i consensi secondo tutti i sondaggisti. Italiani moralisti? A giorni, anzi anni, alterni. Il mio pensiero va a Bettino Craxi e alla grande ingiustizia subita. E mi viene solo una parola: vergogna…

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