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Il 25 aprile e la negazione della storia

24 Aprile 2019 788 views No CommentStampa questo articolo Stampa questo articolo

Il 25 aprile é una festa nazionale da 74 anni. Celebra la sconfitta del nazifascismo e il trionfo della democrazia. L’interpretazione del valore di questo anniversario non può essere, non lo é mai stata, fattore di divisione politica né occasione di polemica tra le forze che compongono il governo. Si tratta di una festa di tutti gli italiani che credono nel valore della libertà. Molte sono state nella storia e anche nella politica le interpretazioni delle vicende precedenti e seguenti il 25 aprile, il giudizio attorno al contributo fornito alla liberazione dell’Italia dal movimento partigiano con le sue diverse e non sempre omogenee componenti, quello sul ruolo avuto dagli eserciti anglo americani, cosi come sulle responsabilità politiche di un dopoguerra tutt’altro che pacifico, sulla fine della Monarchia, sul trionfo della Repubblica, la crisi dei governi di unità nazionale e l’inizio della guerra fredda, sul mito del comunismo di una sinistra cieca.

Tutto questo rientra nelle riflessioni che tutt’ora agitano il mondo degli studiosi e il loro diverso approccio risente spesso della loro diversa collocazione politica. Resta il fatto che la data del 25 aprile per tutti, a prescindere dalle collocazioni, é il giorno che segna la fine di una guerra sanguinosa, caratterizzata anche da un’invasione straniera, e di una dittatura infausta. Nella storia di questi 74 anni sinistra, centro e destra, che in Italia, se facciamo eccezione per la tendenza espressa peraltro in termini numericamente spesso ridotti e politicamente ininfluenti dal Msi, ha preso la forma della parte più conservatrice della Dc e in taluni settori del Pli malagodiano, non si sono mai rifiutati di celebrare questo avvenimento di portata simbolica decisiva per il futuro del paese.

A questo invece oggi siamo costretti ad assistere. Sindaci di comuni leghisti che si rifiutano di celebrare questo storico accadimento e ministri e dirigenti politici che, contrariamente a quanto fecero Berlusconi e Bossi, non partecipano ad alcuna cerimonia. Il tutto diventa oggetto dell’ennesima polemica dei Cinque stelle che, al di là del significato storico e politico del 25 aprile, concepiscono l’affondo come uno dei tanti, al pari della richiesta delle dimissioni del sottosegretario Siri e del decreto sul salva Roma. Ha fatto molto effetto una dichiarazione di Di Maio contro la Lega accusata di essere alleata in Europa di chi nega addirittura l’Olocausto, senza accorgersi che gli alleati di costoro in Italia continuano ad essere proprio i Cinque stelle.

Se almeno i nostri ministri studiassero la storia, come li ha invitati a fare Liliana Segre, dall’alto dei suoi 88 anni e del suo passato ad Auschwitz, forse meglio potrebbero comprendere il significato delle loro scelte, dei loro rifiuti e dei loro contrasti. Mi pare, però, che l’appello della Segre sia destinato a cadere nel vuoto. La storia é oggi concepita come un diversivo e la sua negazione é anzi esaltata da chi si improvvisa rinnovatore, come se il passato fosse da evitare, come se tutto cominciasse con loro. Non comprendere, attraverso quello studio che era caratteristica di uomini come Nenni, De Gasperi, Togliatti, ma più tardi anche di Berlinguer, Moro, Craxi, La Malfa, quel che é avvenuto ieri é alla base del modo superficiale e disarmante col quale costoro stanno affrontando i temi del presente. Uno stupido dilettantismo politico, rozzo e incolto impera ormai anche sulla memoria storica. Segno di un preoccupante declino della ragione.

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