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Calenda rilancia il liberalsocialismo

4 Agosto 2019 824 views No CommentStampa questo articolo Stampa questo articolo

Nella sua ultima lettera inviata prima delle vacanze ai sottoscrittori del suo manifesto Carlo Calenda, a proposito della strategia del suo movimento, scrive: “In Orizzonti Selvaggi l’ho chiamata “Democrazia progressista”. Se dovessi trovargli un riferimento storico e ideale è il liberal-socialismo con la sua ricerca di un equilibrio tra giustizia e libertà; laddove oggi il socialismo deve essere sostituito da un un nuovo umanesimo sociale che metta al centro cultura, sapere e comunità. Da settembre lavoreremo per portare questo messaggio ai cittadini. Usando parole semplici che esprimano però un pensiero forte e articolato. C’è una larga parte dell’elettorato italiano che cerca disperatamente rappresentanza. È l’Italia seria, quella che fatica, studia, lavora, produce e aiuta il prossimo. Le elezioni italiane arriveranno presto. Noi ci saremo. Con le nostre idee e le nostre persone. L’Italia è sempre più forte di chi la vuole debole. Buone vacanze”.

Se non sbaglio é la prima volta che un partito o movimento di sinistra o di centro-sinistra si pone il problema di cercare una fonte ispiratrice, che non sia americana, sudamericana e nemmeno solo europea. Finalmente la ricerca affonda nella tradizione italiana dalla quale il Pd mai ha voluto e potuto attingere perché nel suo passato trovava solo esponenti e pensieri di espressione comunista e democristiana che contrastano con la sua collocazione europea nel Pse. Quello di Calenda e il suo approdo al liberalsocialismo é dimostrazione di coerenza e onestà politica. Niente di male che ad esso approdino anche coloro che in passato si sono collocati altrove. Basta ammetterlo. Trovare invece un filo di continuità tra Gramsci, Berlinguer e il liberalsocialismo, o anche solo il socialismo europeo, mi sembra paradossale e sintomo di una confusione teorica solo frutto di una necessità politica che deriva dalla volontà di tracciare una impossibile compatibilità tra presente e passato.

Ovviamente non tutti i socialisti sono liberalsocialisti, ma coloro che erano nel Psi negli anni ottanta, tranne forse una piccola minoranza, lo sono diventati. Difficile ignorare il senso politico della teoria dei meriti e dei bisogni (che superava il socialismo classista), o dimenticare il lib-lab con quei ragionamenti sul socialismo come espressione sociale del liberalismo che portò al Psi anche nuova linfa culturale proveniente da sponde liberali. Difficile non essersi accorti della nostra eresia riformists, che partiva da quando Craxi lanciò il progetto della riforma elettorale e costituzionale nel 1979 scandalizzando i comunisti o da quando, l’anno prima, contestò il marxismo-leninismo, allora ufficialmente difeso da Berlinguer, citando Proudhon e i pensatori che Marx definì “utopisti”.

Bene dunque l’approccio ideale al quale ci richiama Calenda anche se ancora non é chiaro, ma lo si presume leggendo il suo testo, se il suo movimento ha intenzione di presentarsi autonomamente alle prossime, non si sa se imminenti o meno, elezioni politiche. Il Pd, a mio giudizio, rappresenta la negazione di ogni chiarezza ideale e vi convivono personalità e gruppi organizzati i quali hanno un unico comun denominatore: quello di sconfiggersi a vicenda. Il centro-sinistra deve essere diversamente organizzato e se nascerà una forza di chiara matrice liberalsocialista il Psi deve essere della partita, con le sue insegne, la sua autonomia di movimento storico e culturale, ma ben lieto che finalmente anche in Italia prenda piede una forza che non solo non rinneghi la parola “socialista” come é avvenuto per un quarto di secolo, ma la faccia propria nella sua migliore accezione.

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