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Renzi e Craxi

12 Dicembre 2019 617 views No CommentStampa questo articolo Stampa questo articolo

Matteo Renzi, chiamato a rispondere dei problemi dei finanziamenti alle sue attività politiche, ha svolto al Senato un intervento che ha destato clamore e anche sorpresa. Ha messo in guardia dalla criminalizzazione dei leader politici, citando prima il caso Leone, coinvolto nemmeno dal punto di vista giudiziario, sul caso Lokeed nel 1977 e costretto poi a dimettersi da presidente della Repubblica a causa di una campagna diffamatoria. E riecheggiando la famosa frase di Moro: “Non ci faremo processare nelle piazze”. Poi citando Bettino Craxi e il suo discorso del luglio del 1992. E in particolare quel passaggio sui finanziamenti irregolari e illegali ai partiti e alle attività politiche che erano dell’intero arco istituzionale, e che il leader socialista si prese interamente sulle sue spalle. Un tributo che mai prima d’ora s’era sentito in un aula parlamentare.

Non solo. Renzi ha riconosciuto a Craxi quella giusta fobia per il “vuoto politico” che oggi é caratteristica di una fase in cui la crisi della politica e la sua irrilevanza sono sotto gli occhi di tutti. Vuoto politico che era per la verità una costante paura di Pietro Nenni del quale Bettino Craxi é stato erede politico. Certo il tema é oggi pressante. L’invasione di campo della magistratura inquirente e la sua volontà di imporsi alla politica dura ormai da più di 25 anni. Craxi ne é stata la vittima sacrificale, Berlusconi (al di là delle sue colpe) il bersaglio preferito nella stagione di caccia della seconda Repubblica, Renzi é il terzo obiettivo dell’azione di una magistratura politicizzata e che si muove con ritmi cadenzati e ritagliati sulle scelte politiche. Il punto é che nessuno dei tre, pur gestendo il potere, ha saputo correggere le distorsioni in materia di giustizia. Craxi, dopo il referendum del 1987 sulla responsabilità civile dei magistrati, ha dato il via libera a una leggina ovattata e giustamente contrastata in Aula solo dai radicali, Berlusconi e Renzi non hanno voluto o potuto approvare una riforma della giustizia di stampo europeo che prevedesse la separazione delle carriere tra magistratura inquirente e magistratura giudicante.

Tuttavia quel che mi ha impressionato di Renzi (hanno fatto bene Bobo e Stefania a complimentarsi con lui) é stato il piglio sicuro e forse anche un po’ autocritico col quale ha parlato di Craxi e in particolare del suo discorso del luglio 1992, “un discorso pazzesco”, ha scritto in un messaggio a Bobo Craxi. Qualcuno potrà rimproveragli di essersene reso conto solo ora. Ma é meglio essersene resi conto o, come capita oggi ai più, e soprattutto a sinistra, continuare a parlare di Craxi più o meno come se ne parlava 25 anni orsono? Questo merito di Renzi é doppiamente da valorizzare. Perché é la prima volta che un leader politico riconosce come valide le parole di Craxi,  quelle parole che lo hanno reso vittima per avere detto la verità e per essersi fatto carico di tutte le responsabilità, anche di coloro che, all’invito esplicito del leader socialista di giurare di non aver mai fatto ricorso a pratiche illegali di finanziamento, non si sono alzati e non hanno giurato per non essere poi considerati spergiuri.

Ma anche perché a dire queste parole é un esponente della sinistra o del centro-sinistra, e non un berlusconiano, e nemmeno un ex socialista. Commossi, noi ci associamo al ringraziamento dei due figli di Craxi e a coloro che obiettano che Renzi ha pronunciato questo discorso “perché gli conviene” faccio notare che non é parlando bene di Craxi che Renzi può addolcire quei giudici che hanno inquisito lui e i suoi amici per il caso Consip, arrestato i suoi genitori e aperto un’indagine sulla sua Fondazione. Resta il dato politico e cioé quel gruppo parlamentare Psi-Italia viva al Senato che, dopo le parole di Renzi, potrebbe davvero trasformarsi in qualcosa di più. E’ vero che non basta parlar bene di Craxi per convincere i socialisti. Tuttavia é vero che rimuovere un’ingiustizia trasformata in tragedia aiuta e molto.

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