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Manca un’idea di scuola

6 Giugno 2020 424 views No CommentStampa questo articolo Stampa questo articolo

Dico la mia rispettando pienamente la posizione del Psi favorevole alla regolarizzazione dei precari nella scuola. Diciamo in linea con quella del sindacato scuola della Cgil, Cisl, Uil e Snals. E’ vero che la precarizzazione degli insegnanti nella scuola italiana é un dato inconfutabile e che troppi sono quellio che svolgono da anni un ruolo superiore al loro status giuridico. E aggiungo, e altresì vero che non sempre gli insegnanti di ruolo svolgono i loro compiti con maggiore competenza e professionalità di coloro che ancora non sono assunti regolarmente. E infine completo il quadro del mio consenso sul fatto che i concorsi svolti in Italia, e probabilmente anche quelli da svolgere, sono assolutamente inadeguati rispetto a una vera selezione basata sul merito. Tra l’automaticità e un concorso fasullo meglio la prima, ma tra l’automaticità e un concorso di merito preferirei il secondo. A mio parere ha qualche ragione Galli della Loggia quando osserva che solo in Italia non esiste una associazione degli insegnanti e tutto viene affidato a un sindacato che arruola non solo loro, ma tutto il personale variegato della scuola, bidelli, uscieri ecc, e punta all’aumento del loro salario e a un ruolo giuridico, punto e a capo. Un po’ poco se pensiamo che agli insegnanti, che non sono impiegati di banca o funzionari del Comune, é affidato il compito assai delicato di formare le future generazioni. Che gli insegnanti non possano trovare uno spazio per progettare il futuro della attività didattica la ritengo una grave disfunzione. Così come sarebbe urgente una verifica sulla cosiddetta e decantata autonomia didattica. Fino a che punto si é spinta, che risultati ha dato. Una componente che non può risultare marginale é poi quella degli studenti, un tempo protagonisti essi stessi di progetti alternativi di scuola e oggi assolutamente marginali in qualsiasi ipotesi di riforma. La scuola è degli studenti e ad essi deve essere orientata ogni proposta di didattica. Gli insegnanti stessi devono essere costantemente valutati in base alla loro capacità di formazione degli studenti. Siano essi di ruolo o no, su questo non condivido la separazione che spesso é solo giuridica e non di merito introdotta nell’articolo di Galli della Loggia, gli insegnanti dovrebbero essere costantemente sottoposti a valutazioni di merito e i loro stipendi, almeno in parte, dovrebbero essere condizionati, più che all’anzianità, ai risultati del loro insegnamento. Questo non solo da altri docenti compiacenti o dal solo preside che spesso non è in grado di verificarne l’attività, ma da una più vasta platea che comprenda anche le famiglie e gli stessi studenti. Non c’é niente di più decisivo, anche più della famiglia, soprattutto durante l’adolescenza, del rapporto che un insegnante ha la capacità di instaurare con uno studente, di comprenderne il carattere, di orientarne le scelte future. Noi diamo troppo poco peso al livello qualitativo dell’educazione trincerandoci dentro un perimetro parziale e riduttivo di rivendicazioni sindacali e solamente riferendoci alla scuola pubblica, quando il sistema dell’educazione non può ignorare quella privata. Si apra un utile confronto al nostro interno su una materia un tempo regolata da personalità quali Codignola e Benadusi e sulla quale lo stesso Martelli ha elaborato un’idea di fondo relativa al bonus calcolato sulla spesa media pro capite di uno studente nella scuola pubblica da spendere anche nelle private, che verrebbero cosi liberate dalla sola presenza delle famiglie più benestantiL Si svolga un confronto su una proposta di scuola che si misuri con le esigenze del nostro tempo, anche su quelle che l’epidemia ha evidenziato come bisogni urgenti e ineludibili. Da un lato si orientino i giovani verso queste professioni, sanitarie, infermieristiche, di ricerca scientifica oggi più che mai all’ordine del giorno, dall’altro si rilanci la scuola umanistica, oggi in preoccupante crisi, perché la formazione umanistica appare sempre di più alla base di tutte le professioni, quasi un cemento che le può tenere unite e più compiutamente definirle. Credo che di questo e di altro dovremmo occuparci, se è vero, come ha sostenuto per anni Tony Blair, che è sulla capacità di finanziare e di rinnovare la formazione scolastica che si decide il futuro di un paese. Sul piano finanziario cominciamo a destinare alla scuola parte non trascurabile delle risorse del Recovery found, 80 miliardi a fondo perduto e 90 in prestito, che dovrebbero arrivare all’Italia, e richiamiamo da noi i tanti giovani e stimati ricercatori in giro per il mondo. Sul progetto di riforma smettiamo di intervenire solo sugli esami e completiamo un ordinamento che dalla riforma strutturale di Gentile fino a quella del primo centro-sinistra, relativa all’unificazione della scuola dell’obbligo, non ha più conosciuto trasformazioni.

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