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Le intuizioni di Gianni

8 Ottobre 2020 441 views No CommentStampa questo articolo Stampa questo articolo

Era un tipo esplosivo. Tanto schietto da sembrare altezzoso. A conoscerlo bene era invece un uomo dotato di rara umanità e intelligenza. Io l’ho conosciuto bene, parlo di Gianni De Michelis, solo Gianni per quelli che lo conoscevano e gli davano del tu. E devo ammettere che da quando ho cominciato a frequentarlo quasi quotidianamente, parlo degli anni tra il 2001 e il 2008, tutte le mie prevenzioni sono scomparse. Anzi si sono tramutate nel loro contrario. Gianni aveva capito che non era più il dirigente di prima e si mise a girare l’Italia con l’entusiasmo di un ragazzo alle prime armi, solo per incontrare qualche compagno che aveva deciso di resistere. Ci si riuniva come carbonari, per un periodo anche nell’ufficio di un suo amico. E lui, nonostante la ridotta in stile Valtellina in cui eravamo collocati, non perse mai il gusto della politica. Quella con la P maiuscola, quella che si nutriva di solide e ben documentate analisi e di spesso illuminanti proposte. Spesso ce le propinava e il contesto diventava grottesco. Tanto da indurci alla battuta sulla singolare differenza tra il suo dire, che poteva apparire farneticante, e il nostro esiguo numero di sbandati. Adesso gli si riconosce, finalmente, il merito di avere sostenuto come rimedio per la salvezza di Venezia, quel Mose che, come nella Bibbia, alzò, non le acque, ma le sue enorme paratie, salvando la città dall’acqua alta. E così i tanti Tommaso dopo la prova riuscita hanno finito per ricordare chi per primo ha creduto nell’opera così osteggiata. Il vecchio e sepolto Gianni. Il nostro collaboratore da Trieste, Alessandro Perelli, sempre attento e documentato sulle vicende internazionali, ci informa che il governo di Pechino, ha ripreso un pressing per una partnership del porto della città giuliana. Era ovvio, bastava guardare il mappamondo, che il primo attracco delle navi cinesi, e in generale orientali, passato il canale di Suez, sarebbe stato l’Italia. E quante volte De Michelis ha lanciato l’idea dei porti e della logistica italiana come punto di riferimento dell’economia asiatica. E quante volte ha suggerito di attrezzarci con investimenti adeguati per essere all’altezza del compito. Non so come reagirebbe oggi all’idea che sia la Cina stessa ad organizzare anche l’arrivo e la partenza delle sue navi. Il Ministro Patuanelli, già capogruppo dei 5 stelle in Senato, si é chiaramente augurato che, anche con l’apprezzato arrivo dei tedeschi di Amburgo, ci sia la possibilità di una ripresa dei contatti e di un coinvolgimento di China Merchants proprio tramite un’alleanza con Hula (Hamburg Hafen und Logistik AG). Ora lasciamo anche perdere le possibili conseguenze politiche di questo appello che avviene proprio dopo che il segretario di Stato americano Pompeo aveva sconsigliato perfino il Vaticano di tenere relazioni con Pechino, ma é indubbio che se vendiamo anche i porti, e non più ai paesi dell’Unione coi quali condividiamo l’adesione a trattati e normative, ma anche alla Cina, noi finiamo per danneggiare le nostre stesse potenzialità e i nostri possibili vantaggi che derivano dalla nostra stessa collocazione geografica. De Michelis più volte aveva spronato i vari governi che si sono succeduti in questi 26 anni, ad investire in questa direzione intuendo che un commercio via acqua si sarebbe sviluppato da Oriente verso l’Italia e viceversa. Non gli hanno dato retta. Gli italiani. I tedeschi e i cinesi invece sì.

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