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E si muore ancora in fabbrica

6 Maggio 2021 422 views No CommentStampa questo articolo Stampa questo articolo

Una ragazza morta schiacciata dopo essere stata avvolta in un orditoio in una fabbrica dell’ampio distretto tessile di Prato. Si chiamava Luana D’Orazio e aveva solo 22 anni, con un bimbo di cinque. L’orditoio é una macchina con due rotoli di filo che vengono intrecciati tramite una complicata operazione meccanica. Luana é stata risucchiata dalla macchina, stritolata come, forse, avveniva, con macchine più rudimentali, e senza alcuna protezione sul lavoro, all’inizio della rivoluzione industriale quando lavoravano anche i bambini per dieci e più ore al giorno. Cos’é cambiato da allora se oggi viene diffusa una nuova notizia di un operaio morto schiacciato da un tornio a Busto Arsizio? il suo nome era Christian Martinelli, di 49 anni. Nei primi tre mesi del 2021 nella sola Lombardia si sono verificati già 27 incidenti mortali sul lavoro. In tutta Italia, con quello di Busto, i morti sono 189. Qualcuno può continuare a guardare dall’altra parte. Noi no. E facciamo un appello a tutte le parti sociali perché vengano applicate anche nelle piccole imprese e in quelle artigianali tutte le normative sulla sicurezza del lavoro. Cosa che evidentemente non sta avvenendo. Prendiamo il caso di Luana. Il segretario dei tessili della Cgil Massimiliano Brezzo ricorda: “All’inizio la protezione era assicurata da un grosso filo, una corda in tensione, che una volta toccata fermava l’orditoio. Oppure di una sbarra che si alzava quando si spegneva la macchina e si abbassava quando entrava in funzione. Ma poi sono arrivate le fotocellule”. Anche per il sindacalista non si spiega come sia potuto avvenire l’incidente mortale di Luana. Cosa non abbia funzionato, come sia stato possibile che la ragazza si sia trovata sola, la normativa sulla sicurezza non lo consente, di fronte a quel macchinario. Era stata formata come si sarebbe dovuto? Tutte domande alle quali bisognerà rispondere. Non basta esaltare il modello, anche quello pratese, o quello ceramico di Sassuolo o quello dell’abbigliamento di Carpi, perché occorre sempre verificarne il perfetto adeguamento alla norme di sicurezza. Spesso bene applicate nella grandi imprese e qualche volta non completamente in atto nelle piccole. Non basta esaltare il “piccolo é bello” come un dogma assoluto. Ciò che é doveroso è garantire un lavoro a misura d’uomo e soprattutto tutelare sempre la sua salute. Vale per le imprese chimiche e per quelle potenzialmente inquinanti. Vale per quelle dove sono presenti sofisticati macchinari da manipolare con esperienza e professionalità. Gli ispettori del lavoro hanno sempre compiuto il loro dovere? Le leggi ci sono. Vanno fatte applicare nel modo più rigoroso. Sempre. Anche in epoca di pandemia. Non si può diffondere il panico perché dieci ragazzi all’aperto non rispettano i distanziamenti e assistere impotenti allo straziare del corpo di una ragazza in un macchinario tessile. Non é possibile. In troppi hanno guardato altrove. Noi non possiamo con la nostra storia. No.

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