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Mediazione e pace

28 Giugno 2023 163 views No CommentStampa questo articolo Stampa questo articolo

E’ evidente che lo scioglimento della Wagner e l’isolamento del suo capo Prigozhin a Minsk, che si fida a tal punto delle garanzie di Lukascenko da scegliere un albergo senza finestre, indeboliscono dal punto di vista militare le armate russe in Ucraina. Sarà anche per questo che i vertici ucraini guardano con un misto di indifferenza e di sospetto alla missione del cardinal Zuppi a Mosca. Privata di effetti politici e diplomatici questa iniziativa é invece appoggiata da Kiev in particolare per la questione, sollecitata con forza, del possibile ritorno in patria dei bambini ucraini deportati in Russia: accusa che è costata tra l’altro a Putin l’incriminazione per crimini di guerra dalla Corte internazionale dell’Aja. Da Kiev oggi, Andryi Yermak, capo dell’ufficio del presidente ucraino, ha ribadito che gli ucraini non si fidano della Russia. Qui sta il punto nodale della questione. Difficile dar loro torto dopo che per anni i russi hanno alimentato, appoggiato e finanziato la rivolta del Donbass, dopo che hanno occupato militarmente la Crimea, dopo che hanno scatenato una violenta aggressione per conquistare Kiev e l’intero territorio ucraino ai fini di annetterlo globalmente. Qualsiasi soluzione deve passare dall’assenso dell’aggredito e l’assenso dell’aggredito passa dalla riconquistata fiducia nell’interlocutore. Se anche gli alleati occidentali spingessero Kiev a sacrificare la Crimea, poi che garanzia gli ucraini avrebbero sul Donbass? E se dopo la pace riscoppiasse la guerra Usa e Europa si rimetterebbero in gioco come prima? Evidente che qualsiasi mediazione dovrebbe passare o attraverso un cambio di regime a Mosca o attraverso l’impiego di una forza massiccia di interposizione Onu nei territori di confine. Dubito però che sarebbe semplice organizzarla e renderla efficace. L’altra strada, quella più semplice e risolutiva é che la Russia accetti, magari in cambio della Crimea e ammesso che sia d’accordo di cedere gli altri territori conquistati, che l’Ucraina possa far parte della Nato. Così si chiuderebbe il discorso perché la Russia non attaccherebbe mai un paese Nato. Non é forse questo il motivo dell’indipendenza rispettata delle tre repubbliche baltiche. Non é per questa esigenza di sicurezza che la Polonia e per finire la Svezia e la Finlandia, queste due tradizionalmente neutrali, hanno deciso di aderire alla Nato. Per la verità non riesco neppure a comprendere perché non si sia dato seguito alla richiesta di adesione alla Nato della Russia che Elstin formulò nel 1991. Si potevano evitare le guerre in Cecenia, in Georgia e in Ucraina. I pacifisti di destra, sovranisti, e di sinistra, anti americani, si rendono conto che si sarebbe anche evitato di consegnare la Russia alla Cina, la vera contendente economica, politica e militare dell’Occidente? La Nato oggi equivale per gli ucraini, e non solo per loro, allo slogan di una vecchia pubblicità di un formaggio: vuol dire fiducia. E la mancanza di fiducia produrrebbe solo una Minsk tre, accordi non rispettati e nuove tensioni e nuovi conflitti.

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