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Cefalota: la politica come passione

17 Luglio 2023 479 views No CommentStampa questo articolo Stampa questo articolo
La politica sempre. Come espressione di un’idea. Franco Cefalota te la offriva talvolta con ossessione e con modi piuttosto travolgenti. Ma era la sua ragione di vita. E per questo te ne parlava, in cento o in due come talvolta ci trovammo ad essere. Con eguale spirito. Non so da dove provenisse ma una erre roteante me lo facevano di origini piacentine. Lo conobbi quand’era nel Pdup, derivazione del vecchio Psiup, sciolto dopo l’insuccesso elettorale del 1972 e unificato col gruppo del Manifesto di Pintor e Rossanda. Poi la conversione riformista e dal Pds, al quale aveva aderito e del quale era divenuto capogruppo consigliare in Provincia, l’adesione con l’amica Anna Catellani al Mur, movimento per l’unità riformista e alla federazione col Psi. Era per questo invitato a partecipare agli organi del Psi provinciale. E lui, Franco, non si lasciava scappare mai la possibilità di parlare. Anche quando andammo insieme da Craxi in piazza Duomo, lui fu quello che pronunciò più parole. Non parole a vanvera, ma sempre entrando nel merito. Perché, si può dire di tutto, ma non che Cefalota non fosse uno preparato. Abituato a leggere e studiare, dote che non é da tutti sapeva entrare in profondità nelle cose. Aveva divorato pacchi di libri: storia, filosofia, economia, letteratura. Col crollo della cosiddetta prima Repubblica, che ha segnato anche il tramonto delle ideologie e della grande politica, anche lui si mise fermo. Ma mai muto. Coltivò l’ossessione dei comitati, ne ricordo uno, quello denominato 14 luglio in onore della rivoluzione francese, e si dedicò anche ad aiutare gli altri. Lo rammento intento a spingere il comune a ricordarsi di Mario Monducci, che nei suoi ultimi anni di vita non se la passava per niente bene. Come anche lui, credo. Ma Franco era dotato della virtù rara dell’altruismo e della generosità. Attento sempre alle traversie degli amici, come quella dell’amico Paolo Lanzi, che pochi anni fa é mancato dopo aver contratto il covid. Ed era lui a tenere i rapporti coi parenti e cogli amici. Una delle ultime volte che lo vidi mi aveva invitato a partecipare a una sua conferenza. Eravamo noi due soli. Lui dietro un tavolo pieno di fogli e di appunti e io seduto di fronte. Gli dissi che non era il caso, ma lui voleva parlare come se di fronte avesse un pubblico di cento persone. Perché aveva qualcosa da dire, sempre. E di intelligente e mai banale. Ecco, ricordo quella mancata conferenza, in cui dovevano partecipare non cento, ma mille persone. Perché oggi si é soliti ascoltare chi non ha nulla da dire. E invece Franco aveva mille cose da comunicare. Peccato, quella volta, per gli assenti. Non sapranno mai cosa si sono persi.

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