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Proposta di legge sui DIRITTI TELEVISIVI

Onorevoli colleghi, l’entrata in campo della televisione a pagamento (pay per view) ha profondamente mutato la natura del calcio professionistico, con profonde ricadute anche su quello dilettantistico. I diritti televisivi delle società professionistiche hanno costituito di gran lunga il maggior introito delle stesse, di gran lunga superiore a tutti gli altri: incassi per biglietti e abbonamenti, sponsor ecc. L’intervento delle televisioni ha certamente reso un grande servizio alle società sportive, consentendo a molte di esse di formale bilanci in grado di assorbire le onore spese per calciatori, gli ingaggi dei quali sono sempre divenuti più alti e onerosi. Questo ha d’altro canto determinato un’ancora più consistente frattura tra società grandi e medio-piccole della massima categoria, tra le società della massima categoria e quelle delle serie cadetta, e tra le due categorie suddette e le altre (C1, C2 e dilettanti). La prima frattura è certamente accentuata dalla vendita singola dei diritti televisivi, che ha fortemente avvantaggiato le grandi società, quelle che possono contare su un maggiore bacino di utenza, e punito le medio-piccole, quelle che possono contare su un bacino inferiore. Se dal punto di vista del mercato questa disparità rientra nelle regole del gioco, dal punto di vista sportivo essa non fa che accentuare ulteriormente le difficoltà di bilancio queste ultime, che già possono contare su voci di bilancio minori (minori incassi, minore budget per gli sponsor ecc.), mettendo oltretutto l’utente televisivo spesso in condizione di non riuscire a captare tutte le frequenze necessarie pe vedere le gare calcistiche se non al prezzo di un molteplicità di piattaforme e dunque di costi. Tra la massima serie e quella cadetta la disparità è stata accentuata a causa della concorrenza delle grandi partite con quelle delle squadre di serie B, costrette, per evitarne il rischio, a scegliere lo spostamento delle partite al sabato pomeriggio o sera, con gravi conseguenze sul piano degli incassi, se escludiamo quest’ultima stagione caratterizzata dal carattere eccezionale della serie B, dovuta alla presenza, dopo le sentenze della giustizia sportiva, della squadra più amata dagli italiani. Tra le due serie e le serie minori la frattura è stata ancora più forte. Infatti i diritti televisivi del calcio delle due massime serie, coordinati dalla Lega di serie A e B, e venduti dalle singole società, hanno profondamente turbato le categorie minori. Difficile non valutare la contemporaneità delle partite in diretta televisiva e la sua conseguenza sulla serie C e sul calcio dilettantistico, che senza nulla ottenere dalle vendita dei diritti televisivi delle partite di seria A e B, hanno visto di molto ridotta, com’era facilmente prevedibile, la partecipazione del pubblico e dunque degli incassi alle gare domenicali. Dette società hanno dunque pagato il prezzo più alto alla presenza della televisione a pagamento in Italia, senza ottenere alcun risarcimento. Sarebbe come se in un città dove esistono più cinema una parte di film venisse trasmessa contemporaneamente anche dalla televisione e una parte invece no e venisse contemporaneamente proiettata nella sala cinematografica. I cinema esclusi avrebbero tutti i diritti a pretendere una forma di risarcimento.
Il passaggio dalla contrattazione individuale a quella collettiva e centralizzata basata sul principio della mutualità dei diritti televisivi non è più dunque rinviabile. La vecchia legislazione, a cominciare dalla legge n. 91 del 1981 che attribuiva alle società una valenza di tipo commerciale e l’articolo 2, comma 1del decreto legge 30 gennaio 1999 , n. 78, che ha conferito la titolarità dei diritti di trasmissione televisiva in forma codificata a ciascuna società di serie A e di serie B, è all’origine della attuale situazione e va corretta. In particolare tale più recente legislazione si è scontrata con il monopolio dell’offerta televisiva sul satellite, con un mercato complessivamente bloccato, mentre l’ingresso del digitale ha offerto una opportunità di soddisfazione televisiva per l’utente alternativa ma sempre misurata sul diritto individuale.
La presente proposta di legge mira dunque ad un tempo a sancire la centralizzazione dei diritti televisivi in capo alla Federazione gioco calcio, la definizione dei criteri di suddivisione dei proventi per le varie società e serie, la necessità di risarcimento per i soggetti danneggiati.
Non si intende qui minimamente scalfire l’autonomia del governo sportivo che fa capo al Coni, ma nello spirito della legge che attribuisce a Governo e a Parlamento il potere di vigilanza e quello legislativo, definire criteri irrinunciabili, anche alla luce delle vicende che hanno colpito il mondo del calcio italiano e messo in crisi il modello organizzativo. Il commissariamento della federazione e la crisi del concetto di elezione di rappresentanza nel governo del calcio, altro non sono che sintomi gravi di un’autosufficienza non più sostenibile, e spesso coniugata con una dipendenza dal mondo della politica, il più odioso, perché sotterraneo e non trasparente. Nell’attesa di una nuova legge quadro per l’autogoverno sportivo, che si rivendica nella sua attualità più impellente, la presente legge mira a costituire il primo, ma necessario passaggio verso criteri di governo delle risorse basato sulla equità, la solidarietà, il principio indifferibile della tutela dei diritti dell’utente, che devono restare prioritari nella proposta legislativa.

Proposta di legge

Art. 1

Il primo periodo del comma 1 dell’articolo 2 del decreto-legge 30 gennaio 1999 n. 15, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 marzo 1999, n.78, è sostituito dai seguenti: “La Federazione gioco calcio è titolare dei diritti di trasmissione televisiva. Gli utili della vendita centralizzata dei diritti televisivi dovranno essere ispirati ai seguenti criteri: una quota va ripartita tra le società con maggiore utenza televisiva, una quota va ripartita tra le altre società di serie A e B, una quota va indirizzata alle Leghe di serie C e D per risarcimento dalle negative conseguenze procurate dalla televisione a pagamento. Tali quote vengono fissate annualmente dalla Federazione, sentite le Leghe di A e B, di C e di D”.