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Appello ai radicali e ai socialisti

8 Luglio 2016 933 views No CommentStampa questo articolo Stampa questo articolo

Radicali e socialisti sono stati in Italia i promotori di grandi battaglie di libertà e di giustizia, i protagonisti di iniziative politiche in apparenza antiche, in realtà più che mai attuali.

Oggi, in un Paese nel quale la politica sembra ancora assente, inchiodata all’eterna agonia della Prima Repubblica, è giunto il tempo di dire che senza vera e buona politica non potrà mai esserci ricostruzione sociale, economica, democratica.  Più l’Italia è povera di politica, più appare rassegnata al proprio declino o pronta a consegnarsi all’illusione di scorciatoie prive di credibilità e dal fiato già corto. Manca un soggetto con una chiara identità. Manca un progetto definito e credibile. Mancano interpreti affidabili e coraggiosi.

La fine del vecchio sistema politico ha visto la nascita di partiti post ideologici che si sono trasformati in contenitori senza identità, spesso uniti solo per motivi elettorali e quasi sempre divisi su temi fondamentali del vivere civile. Nostro proposito è quello di verificare la possibilità di creare le condizioni per rilanciare quelle battaglie civili e quell’identità laica, liberale, libertaria, riformista umanitaria, che furono alla base dell’azione di Marco Pannella e di Loris Fortuna, di migliaia di socialisti e di radicali.

Il passato è indispensabile per avere credibilità. Forze politiche senza identità e senza passato scommettono da oltre vent’anni sul progresso del nostro Paese, che in questo ventennio ha invece conosciuto un profondo regresso. Occorre una sterzata, una svolta reale, che faccia dell’Italia un partner europeo attivo, critico, incalzante. Al primo posto mettiamo l’Europa, perché o questa Unione Europea cambia, e cambia in fretta, o è destinata ad essere travolta. E’ giusto, è doveroso pretendere – anche in nome del sogno di Altiero Spinelli e di Ernesto Rossi – una Europa diversa, composta da Paesi che responsabilmente condividano tutto: potenzialità, benefici, ma anche rischi e difficoltà. E’ questa la condizione per conquistare istituzioni democratiche e federali, per un’Europa  politica e non solo monetaria, affratellata da principi di responsabilità, solidarietà ed eguaglianza, non meramente sottoposta a vincoli spesso astratti, a politiche economiche opache, a procedure burocratiche che pretendono di sostituirsi a una democrazia europea che stenta ancora a nascere.  Non è un caso che populismo, nazionalismo, estremismo siano lungo l’ultimo decennio dilagati insieme a sempre più corpose fasce di povertà, a una miseria e a una disoccupazione che ricordano talvolta più l’Europa in bianco e nero del dopoguerra che l’Europa affluente del mercato comune.

Chiediamo al governo italiano di assumere un’iniziativa politica che chiami i partner europei a una nuova conferenza e a nuovi Trattati di Roma, fondativi di una UE totalmente rinnovata. Chiediamo nel contempo al governo italiano di varare una politica economica per rilanciare lo sviluppo e darsi l’obiettivo di aumentare considerevolmente il Pil abbassando nel contempo la disoccupazione, soprattutto giovanile. Occorre  un massiccio piano di opere pubbliche (infrastrutturali, ambientali, civili). Occorre una riforma drastica della giustizia civile e penale, senza la quale la volontà di intraprendere non si affaccerà di nuovo né nel Nord Italia nè nel Mezzogiorno. Occorre un Servizio Civile nazionale aperto a giovani disoccupati e anziani pensionati, da mettere a disposizione di enti locali e pubbliche amministrazioni per la cura e la valorizzazione dei servizi pubblici, del territorio, del suolo e del sottosuolo, per accudire e mettere a frutto le mille bellezze italiane. Occorre tagliare enti inutili, spesa pubblica legata allo spreco, malagestione del sistema pubblico allargato. Occorre rimodulare l’intera politica fiscale nonché i parametri fissati dall’Unione Europea sulla base di questi precisi obiettivi di ricostruzione e sviluppo, non di astratti vincoli all’ombra dei quali dilagano soltanto recessione e degrado sociale.

Sul terreno istituzionale propendiamo per una scelta, anche referendaria, tra modello presidenziale e parlamentare. Inutile girarci intorno. In Italia da anni si procede in un percoso di parlamentarismo de facto e di presidenzialismo de iure. Si sostiene che esistano oggi presidenti e governi non eletti dal popolo come se quelli precedenti lo fossero stati, si parla della nuova legge elettorale come dello strumento per sancire un vincitore, e non una lista vincente. Si ragiona come se l’Italia fosse una repubblica presidenziale, mentre nessuna riforma, nemmeno quella che sarà sottoposta a ottobre a referendum, lo prevede. Così continua l’ambiguità. Al di là dunque delle riforme previste dal  Referendum costituzionale,  ci faremo promotori di un referendum propositivo per scegliere il modello presidenziale, con legge elettorale maggioritaria.

In materia di libertà civili è urgente il rilancio di nuove leggi sul fine vita, sulla maternità e paternità artificiali, sulla stepchild adoption, sul sistema delle adozioni, sulla giustizia, sulle carceri. Sono questioni che hanno prodotto, nell’attuale parlamento dei partiti senza identità, divisioni in tutti gli schieramenti, nessuno unito dalla concezione della vita. In questa materia l’Italia è tutt’ora il fanalino di coda dell’Europa, condizionata storicamente della presenza del Vaticano e oggi da settori del cattolicesimo più integralista che contestano le stesse aperture dell’attuale pontefice. L’Italia è ormai l’unico paese a non avere una legge sul testamento biologico, che la morte di Eluana Englaro pare avere seppellito per sempre, e su questa materia come sull’adozione del figlio del partner (stepchild adoption) decidono ormai i tribunali. Sulle coppie omosessuali abbiamo adottato la legge (quella della democristiana Germania, emendandola del tema dell’adozione del figlio del compagno) più moderata. La legge sulla fecondazione artificiale è stata completamente riscritta dalla Corte costituzionale attraverso molteplici sentenze. Noi rilanciamo sull’insieme di questa materia un’impostazione europea. Anche sulla giustizia guardiamo all’Europa e rilanciamo la proposta di legge presentata alla Camera dalla Rosa nel pugno, fondata sulla separazione delle carriere tra magistratura inquirente e giudicante e sul doppio Csm, proponiamo una diversa formulazione del carcere preventivo del quale si continua a fare abuso, una legge di amnistia o di indulto per reati minori. Ma soprattutto sappiamo che anche tali provvedimenti avranno una valenza del tutto parziale se non verrà quanto prima affrontata una radicale riforma della Giustizia , basata su nuovi investimenti e alcuni principi tassativi. Nuovi investimenti volti a far lavorare i Tribunali italiani a tempo pieno per smaltire un ingorgo giudiziario altrimenti ingovernabile, principi tassativi connessi alla durata complessiva di qualsivoglia procedimento penale e civile.

Su questi temi chiamiamo a raccolta il mondo radicale e socialista, ma anche quello ambientalista, laico, liberale, settori della realtà cattolica che separano la sfera religiosa da quella statale, la realtà del volontariato e del terzo settore che può rappresentare un’ottima potenzialità per un paese in crisi anche di coraggio e di inventiva, per procedere ad un confronto di idee e di proposte. Non per creare un’unione di sigle, di partiti, di improbabili eserciti organizzati, ma per contribuire a unire persone, cittadini accomunati da un progetto, da una speranza.  Il nostro tentativo non avrà vita facile. Lo contrasteranno le lobbies degli attuali partiti anti identitari, quelli che pensano al potere come legittimazione della loro presenza. Estranei a una destra che pare in balia della pura protesta, a una sinistra dall’identità smarrita, sappiamo che a noi possono guardare i tanti che oggi cercano un luogo della politica e del confronto civile laico, aperto, tollerante. Alternativo  a quanti hanno messo radici nella scontentezza e nella crescente povertà, proponendo le scorciatoie irresponsabili di una ricostruzione che non è decrescita felice bensì sviluppo, non è reddito di cittadinanza bensì impresa e  lavoro.

Noi mettiamo radici nella nostra storia, nelle nostre battaglie vinte, nella comune visione del mondo, dell’Europa, dell’Italia. Noi intendiamo progettare attraverso un’identità credibile un futuro migliore.

Mauro Del Bue e Giovanni Negri

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