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Il nuovo percorso dei socialisti

16 Marzo 2018 525 views No CommentStampa questo articolo Stampa questo articolo

Riccardo Nencini, a seguito del risultato elettorale, aveva rassegnato le dimissioni, ma la segreteria e i segretari regionali all’unanimità le hanno respinte e hanno pregato Nencini di restare al suo posto e di presentare al Consiglio nazionale un progetto capace di aprire un nuovo percorso per i socialisti italiani. Il congresso verrà poi convocato quando gli iscritti al Psi saranno in condizione di decidere sulle scelte che verranno proposte. Dunque alla fine, non all’inizio del percorso. Svolgo alcune riflessioni, che fuoriescano dalla liturgia politicistica e dalle solite analisi politologiche, non perché non si debba seriamente e profondamente analizzare la rivoluzione elettorale del 4 marzo, ma perché dovremmo, senza trascurare il contesto, decidere quel riguarda noi, il modo e i tempi.

La segreteria si é assunta per intero le responsabilità di una scelta elettorale che ha dato esito negativo. Non c’erano altre vie, dopo il ritiro alla Celestino V di Pisapia, dopo il niet della Bonino, dopo la sola disponibilità di verdi e civici, mentre LeU escludeva i compagni di Area socialista che facevano capo a Bobo Craxi e Risorgimento si intruppava addirittura con Potere al popolo. Peraltro l’insuccesso delle liste collocate a sinistra del Pd dimostra che é la sinistra tutta (ammesso che abbia ancora un senso questa definizione) ad essere stata travolta dalla rivoluzione elettorale. Che è tutta la sinistra, oggi ridotta al suo minimo storico (è al 25–26 per cento, contro il 30,9 della catastrofe del 1948 e il 34 della grave sconfitta della gioiosa macchina da guerra occhettiana del 1994) a doversi rifondare. Che é tutta la sinistra che deve rinascere con nuovi programmi e nuovi linguaggi, al di fuori di vecchi slogan ideologici.

Cosa possiamo fare noi? Non disperdere l’intuizione ecosocialista che non abbiamo avuto il tempo e la necessaria visibilità per propagandare, tenendo dunque legati a noi gli ambientalisti, se non tutto Insieme. Riproporre i temi della riforma istituzionale e costituzionale col presidenzialismo in primo piano. Rilanciare il tema della difesa della democrazia, tema caro al Psi del post 2008, che oggi drammaticamente si ripropone alla luce dell’eclissi dei partiti e della natura ambigua dei Cinque stelle, anche attraverso la presentazione della legge sui partiti politici. Demandare ai nostri due parlamentari il compito di opporsi ai governi Di Maio e Salvini, ma di lavorare per rendere possibile un governo per l’Italia. Di formulare già in occasione del Def proposte ricevibili sui temi del lavoro e delle tasse, ma anche di lavorare per annullare le clausole che prevedono nel 2019 e nel 2020 l’aumento dell’Iva. A mio parere la priorità oggi non è la riforma della Fornero per mandare in pensione un po’ prima i lavoratori. La priorità è il lavoro (non il reddito senza lavoro) per i giovani.

Una federazione tra socialisti, verdi, radicali pannelliani é già oggi possibile. Forse non basta. Se si azzerassero, come avevo ipotizzato umilmente, gia subito dopo le elezioni, gli attuali partiti della sinistra oggi tracollati, allora anche la nostra piccola comunità socialista potrà essere della partita per un nuovo inizio di tutti. Nel frattempo occorre una organizzazione diversa. Occorre trasformare il Psi in una comunità aperta, con iscrizioni singole e di gruppo, senza esclusioni aprioristiche e con la eventuale possibilità della doppia tessera, sul modello radicale. Anche perché, oltre alla dimensione storica ed editoriale (l’Avanti si organizzerà sul territorio come ho già anticipato) e quella amministrativa (le centinaia di amministratori socialisti che vanno potenziati, aiutati, coordinati) esiste una dimensione identitaria che va allargata e organizzata senza steccati. Oggi non si pone, dunque, come qualcuno ha detto, il problema di aderire al Pd (oltretutto non sappiamo nemmeno se il Pd esisterà ancora), ma si pone il problema di tracciare le linee di fondo di un possibile, necessario grande cambiamento, di noi stessi (anche delle modalità del nostro lavoro che deve fuoriuscire dall’assemblearismo approdando alla colleggialità senza paura a selezionare i nostri dirigenti), e degli altri. Non perché quest’ultimo é utile alla nostra piccola comunità ma perché è necessario per la sinistra riformista e per il paese.

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