Cosa unisce Pd e Cinque stelle?
Non riesco a individuare un solo tratto comune tra Pd e Cinque stelle che possa giustificare un’intesa. A ben pensarci ce ne sarebbe uno e lo definisco volutamente con un aggettivo forte, e cioè inquietante: il populismo. Il suo significato non ha nulla a che vedere con popolare, che significa di consenso ampio. Il populismo cavalca gli umori e li assorbe. Non forma l’opinione prevalente, ma é da essi formato. Sposa gli istinti, non le ragioni. Non mette la testa, ma accetta la pancia. Anche il Pd di Renzi ha ceduto a questo atteggiamento. Penso alla retorica sugli ottanta euro, un provvedimento gradito da chi li ha ricevuti come un omaggio, da chi neanche lontanamente pensava fino al giorno prima che gli sarebbero arrivati davvero.
Ma a cosa sono serviti? Avrebbero dovuto incentivare i consumi e per questo si é puntato al ceto medio e non ai più bisognosi. Col risultato che al ceto medio sono serviti poco o nulla e coloro che ne avevano bisogno hanno continuato giustamente a lamentarsi. Si sarebbe potuto alzare le cifre, invero ridicole, del reddito di inclusione e magari, lasciando l’Imu sulla prima casa, si sarebbe potuto tagliare di più il costo del lavoro. Si poteva usare la testa. Si é preferito dar retta alla pancia. E al risultato delle elezioni europee. D’altronde c’é qualcuno che in campagna elettorale ha parlato di come recuperare i 30 miliardi che servono per evitare l’aumento dell’Iva nel 2019 e nel 2020, inserito come clausola di salvaguardia? Troppo poco popolare. Meglio il silenzio populista.
Pensiamo al modo col quale il Pd ha condotto la campagna del referendum, tutta impostata sul taglio dei senatori e del costo della politica. Senza spiegare se diminuire il costo della politica avrebbe portato o meno a diminuire il livello della democrazia. E soprattutto senza dimostrare i benefici (e c’erano, ma la diminuzione del costo era l’ultimo dei problemi) che la riforma avrebbe generato. E ancora. L’inseguimento ai grillini sui vitalizi. Non ne parlo perché ne ho parlato anche troppo e poi, essendo direttamente coinvolto, non sarei creduto se dimostrassi l’assurdità e l’incostituzionalità della legge Richetti.
Non saprei su quale altro terreno é possibile riscontrare una convergenza tra Pd e Cinque stelle. Si dirà che siamo in una fase eccezionale e la governabilità è un valore assoluto. Ma di questa dovrebbero semmai farsi carico tutti i partiti senza giudicare, come fanno taluni, i governi di unità nazionale alla stregua di indigeribili inciuci. La Germania insegna e anche la Spagna. Quel che stupisce semmai é che le motivazioni che all’interno del Pd, ma penso anche alle dichiarazioni di Casini, vengono addotte per giustifucare un confronto e in fondo anche un accordo coi Cinque stelle siano proprio quelle stesse che dovrebbero essere poste alla base di un’intesa per governi di unità nazionale. Anche facendo due conti (al Senato mancherebbe un voto per ottenere la maggioranza dei consensi da parte di una intesa esclusiva tra Pd e Cinque stelle), più che di un governo di unità nazionale sarebbe, questo, un governo di divisione nazionale.
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