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I mancati conti con la storia della destra, ma anche della sinistra

12 Ottobre 2021 461 views No CommentStampa questo articolo Stampa questo articolo
In Italia non si fanno mai bilanci storici. Non si premiano coloro che anticipano gli altri nelle scelte di fondo e che possono vantare coerenza con il loro passato. In Italia si usa cambiare posizione senza pagare alcun dazio. Accadde dopo la caduta del fascismo (25 luglio del 1943), quando gli stessi che avevano affollato le piazze deliranti per Mussolini si scoprirono visceralmente antifascisti e abbatterono tutte le statue del duce.

Tanto che un sorpreso Pietro Nenni annotò nei suoi diari: “Questa é l’Italia che non amo”. Scene che si ripeterono ancor più alla fine della guerra, con partigiani, in mezzo ai molti che avevano combattuto davvero rischiando o perdendo la vita, che si improvvisarono tali il giorno prima del 25 aprile. Personaggi fluttuanti che si passavano velocemente il testimone di mano in mano. In Emilia certe province che erano state in stragrande maggioranza socialiste prima della marcia su Roma divennero visceralmente fasciste fino alla fine e poi tutte comuniste fino al 1989. Sempre egemonicamente. E sempre spavaldamente. Ardentemente. Mai con un cenno di autocritica rivolta ai comportamenti passati. E’ accaduto anche a seguito dell’89 e della svolta epocale che anche grazie all’intervento di Mani pulite portò alla scomparsa di tutti i partiti. E alla nascita di un nuovo sistema politico senza che fossero state approfondite le motivazioni della scomparsa del vecchio. Oggi non dobbiamo stupirci che nessuno voglia guardare all’indietro e riconoscere le ragioni di una rottura col passato. Capita alla destra, che non si accorge che assieme a tante frasi di circostanza e buoni propositi democratici vive, almeno in molte sue frange, ancora di nostalgismo. Non solo nei gruppuscoli estremisti ma anche all’interno di Fratelli d’Italia ci sono componenti che non riescono a tagliare il cordone ombelicale che le lega al fascismo. Personalmente non mi sono mai rifiutato di confrontarmi anche con la destra. Craxi mi ha insegnato che bisogna farlo con tutti e senza discriminazione alcuna. Ho partecipato alla presentazione di libri e di riviste e non mi é sfuggito, nei circoli per bene da me frequentati, una certa prevalente zona di palese ambiguità rispetto al passato. Questa ambiguità era del resto presente nel vecchio Msi e, una prima fase, anche in An. Solo Fini tagliò il ramo su cui questi partiti erano rimasti saldamente assisi. Non si vuole fare i conti col passato e pur giudicando il fascismo un sistema non più attuale, non se ne prendono le distanze storicamente. Intendiamoci, il fascismo non fu solo violenza e olio di ricino, e non fu solo legge razziale ed entrata in guerra. Fu anche un regime a sfondo sociale che per primo concesse le otto ore di lavoro e consegnò in dono le terre laziali ai contadini padani. Ma fu per l’appunto un regime e l’alleanza col criminale Hitler basta e avanza per una sentenza di condanna senza appello. Condanna che ancora non viene emessa, basterebbe leggere le frasi disgraziate del candidato sindaco di Roma Michetti per rendersene conto, dalla destra italiana. Più o meno lo stesso atteggiamento, con le dovute e ovvie differenze del caso, ha assunto dopo l’89 la sinistra post comunista che tuttora resiste dentro il Partito democratico. Il Pci non fu il Pcus, ma per decenni da quest’ultimo fu controllato, guidato e finanziato. Berlinguer non fu Togliatti e ruppe con Mosca ma non fu mai un socialista e mai chiese l’adesione all’internazionale socialista. Eppure nel Pds, poi Diesse e oggi Pd, non si é affatto troncato il filo che lega costoro al passato del Pci. E questo crea il paradosso, solo italiano, della presenza di un Partito democratico all’americana, che esiste solo in Italia, che diventa socialista solo in Europa e che mantiene, almeno per una parte, secondo me ancora prevalente, un passato orgogliosamente comunista. Anche in questo caso non si è voluto fare i conti con la storia e, dopo la fine dei sistemi comunisti in tutt’Europa e solo dopo del Pci, anziché giudicare fallita l’esperienza comunista e accettare la logica e conseguente proposta dell’unita socialista costoro, gelosi dei loro torti e diffidenti delle ragioni altrui, hanno preferito imboccare una strada illogica e fondare un partito con una parte di ex democristiani, creando una nuova anomalia (dal fattore K al fattore D) nell’ambito europeo. Si può dire che anche le altre formazioni politiche non abbiano voluto affrontare il tema della loro identità e del rapporto col loro passato. Basti pensare al capovolgimento assoluto della Lega che passa dal secessionismo nordista al sovranismo nazionale senza fiatare. Ma a nessuno pare interessare l’argomento se non in campagna elettorale. Solo alla vigilia delle elezioni si riscoprono i fantasmi del fascismo e del comunismo. E fanno breccia perché la destra, ma anche una parte di sinistra, non hanno voluto mai fare i conti con le ragioni della storia. O forse anche perché le ideologie non sono affatto morte.

 

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