Noà e Mira per la pace
Il duetto tra Noà, cantante israeliana, e Mira Awad, cantante palestinese, che hanno magicamente intonato le note di Imagine di John Lennon, rivisitata dall’orchestra sinfonica di Sanremo, é stato vissuto come una pennellata d’arte applicata alla politica di un’auspicabile quanto inevitabile convivenza. Se le due donne hanno voluto intonare questo inno al futuro di riconciliazione, perché non pare possibile che all’inno si associno i due popoli? Il tutto é stato segnato dall’autorevole prolusione di papa Francesco che ha elogiato la musica, sorella di tutte le genti del mondo. Noà e Mira non hanno solo cantato, hanno parlato dando appuntamento all’anno prossimo, la data promessa di una pace duratura. Lo spettacolo ha qui toccato i vertici della sua popolarità impegnata. A Sanremo era già successo, ma mai in collegamento diretto con la Santa sede. Spettacolo nello spettacolo. Le canzoni non hanno un linguaggio, anche se sono state scritte in lingua originale, ma contrariamente alle opere liriche si traducono in mille lingue non diminuendo il loro fascino. Noà e Mira hanno cantaro l’una in israeliano e l’altra in arabo, poi tutt’e due insieme in inglese. L’orchestra tuttavia non ha cambiato spartito. E le note di Lennon, sia pure diversamente arrangiate e con armonie moderne, hanno continuato a seminare emozione. Certo il clamore di questo duetto non basta. L’articolo odierno di Galli della Loggia sul Corriere dovrebbe almeno far riflettere quando si parla di esistenza di Israele, messa in discussione da oltre settant’anni da stati e movimenti estremistici palestinesi, ad esempio Hamas, ma ugualmente dovrebbero suscitare apprensione le sorti di un popolo, quello palestinese, senza stato, che non sia una fetta di pochi chilometri quadrati rivendicata da Trump come riviera americana con relativa concentrazione dei palestinesi in riserve come le tribù dei pellirossa, e una media regione popolata di insediamenti israeliani. Sarà difficile, care Noà e Mira, che in un anno si possa risolvere tutto. Eppure Imagine é un canto, meglio una preghiera, di speranza. La speranza di un mondo che viva in pace e in prosperità. Un mondo migliore. Le note risuonano in tutta la loro forza e i canti come questo, come gli Spirituals neri, fanno scattare una fede nel futuro. La prima serata del festival, caratterizzata da una commovente canzone di Simone Cristicchi e da un pezzo di rilievo musicale assoluto dell’ospite Jovanotti si é conclusa, tra Papa Francesco e Achille Lauro, con la benedizione di diversi milioni di telespettatori. Un po’ meno rispetto alle ultime edizioni. E questa é già una buona notizia.
Leave your response!