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Quirinale atto primo: tra la Bonino e Amato

28 Gennaio 2015 1.415 views No CommentStampa questo articolo Stampa questo articolo

Oggi i socialisti decidono di votare per Emma Bonino, come l’Avanti più volte aveva indicato. Si tratta di un voto politico per rinsaldare un rapporto col mondo laico e radicale, ma anche di un giusto omaggio a una personalità forte dell’area democratica, molto esposta nella lotta per i diritti civili. Poi al quarto scrutinio si vedrà. Qualora la candidatura Bonino non dovesse lievitare i socialisti verificheranno le chanches di Giuliano Amato, la candidatura che appare la più forte, e soprattutto quella che è incuneata con la nostra storia e che rappresenta appieno la nostra identità. Ma come è messo ora Amato? Se Renzi decidesse di candidarlo, Amato sarebbe già presidente della Repubblica. È gradito alla minoranza dalemiana e bersaniana del Pd, ha l’appoggio di Berlusconi e dell’area popolare (Ncd e Udc). Potrebbe contare su oltre 700 voti, ben oltre i 505 necessari.

Ma Renzi lo teme e per ora non lo candida. Perché? Perché la sua candidatura è stata avanzata sia dalla sua minoranza sia da Berlusconi? Mi pare tropo debole come motivazione. Basterebbe fosse lui a sposarla e la candidatura sarebbe sua. Anche Pertini non era il candidato di Craxi nel 1978 (il candidato era Giolitti che i comunisti non intendevano votare perché fuoriuscito dal Pci), ma alla fine si rese conto che quella di Pertini era la candidatura che otteneva più consenso e la sposò. Ci dev’essere dell’altro. E l’altro è la caratura politica e il prestigio istituzionale di Giuliano Amato, che sarà pure un professore a contratto, ma è pur sempre un professore. È lui che nel 1979 fornì a Craxi lo spunto per avanzare il progetto della grande riforma. Conosce a meraviglia la macchina ed è riconosciuto dai tecnici. È un politico preparatissimo sul piano tecnico. Non un tecnico preparato sul piano politico (ma esiste?).

Insomma può far ombra. Molta. E poi esiste una seconda ragione. Forse la determinante. Amato appartiene a un’altra storia. Anche nel 2006 sarebbe stato eletto a stragrande maggioranza, ma i diesse preferirono Napolitano perché rappresentava la loro storia. Mattarella va benissimo perché fa parte della famiglia di Renzi. E una volta tanto Berlusconi ha ragione quando commenta: “Mi presentano solo candidati comunisti o cattocomunisti”. Guarda un po’. Alle elezioni del presidente della Repubblica riappaiono le storie, le identità che parevano superate, anzi sopite per sempre. E non è un caso che a fronte delle ipotesi Padoan e Mattarella anche larga parte degli ex diesse si siano messi di traverso, preferendo, magari per opporsi all’ennesima vittoria del giovin signore, una candidatura del dottor Sottile. Anche per questo i nostri pochi cavalieri devono, in questo caso, fare il nostro gioco. Cercare di unire tutto il gruppo delle Autonomie, credo che lo stesso Napolitano sia della partita, poi esprimere con chiarezza la nostra preferenza e anche qualche nostra indisponibilità. A volte capita che i cavalieri coraggiosi abbiano svolto un ruolo fondamentale per impadronirsi della rocca più inespugnabile.

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